Attacco a Berlino: il video di Amri e le questioni che solleva il suo viaggio

Il video di Amri, diffuso dall’agenzia Amaq di Daesh, potrebbe sembrare uno dei soliti che vengono diffusi a seguito di un attacco. Questa volta però è molto più interessante perché poche ore dopo aver girato il video Amri è arrivato in Italia, terminando il suo viaggio alle porte di Milano, a Sesto San Giovanni, dove agenti della Polizia di Stato, nello svolgimento delle proprie funzioni di presidio del territorio, hanno dato prova di professionalità e capacità di sopravvivenza eliminandolo. Nulla di nuovo infatti nell’operazione ormai usuale di attentatori di riprendersi e condividere i filmati post- operazione con l’agenzia, che in qualche modo li raccoglie e li diffonde con il suo brand. Restano i soliti dubbi su come l’agenzia di fatto ne entri in possesso.

Nel video, girato dopo l’attacco ai mercatini di Berlino, Amri si trova a Berlino, nel quartiere di Moabit, e le immagini mostrano sullo sfondo il ponte pedonale di NordHafen su un canale del fiume Sprea. “veniamo a sgozzarvi come maiali” dice nel video Amri che invita “tutti i fratelli ovunque essi siano“: “State in allerta e combattete sulla via di Dio. Ogni essere umano in grado di combattere, vada a uccidere in tutta Europa i crociati maiali!“.

Nel filmato di circa due minuti, Amri recita in arabo le tradizionali preghiere rivolte a Dio e quindi afferma: “Giuro fedeltà al principe dei fedeli Abu Bakr al Baghdadi al al Huseini al Qurayshi“, in riferimento al leader dello Stato islamico. Dopo aver pronunciato versetti sacri, Amri invia il messaggio: “Questo il mio messaggio ai crociati che bombardano ogni giorno i musulmani… col permesso di Dio veniamo a sgozzarvi come maiali“, afferma. “Voi colpite i musulmani… pensate che questo sangue venga versato invano? Ci vendicheremo se Iddio vorrà…“. Il tema della vendetta quindi è quello che ritorna come in altri video di rivendicazione degli attacchi quale motivo delle azioni dei combattenti.

Amri, dunque, a differenza di quanto richiesto dalla propaganda jihadista non si sacrifica morendo combattendo alla guida del TIR assassino. Egli uccide, scappa, si riprende e si avvia verso l’Italia,

Anche Salah, dopo l’attacco di Parigi si diede alla fuga.

Ma Salah quando da Parigi era stato esfiltrato per andare in Belgio era stato portato a Molenbeek in auto da suoi fiancheggiatori.

Invece Amri si sarebbe trovato a piedi nella nebbia alle porte di Milano.

Infatti ci sono tante questioni aperte sugli “andare e venire” di Amri. Questioni di grande interesse perché aiutano a comprendere meglio il “ruolo” dell’Italia in merito alla minaccia del terrorismo.

La domanda chiave è perché egli torna in Italia dopo l’attacco a Berlino: nel nostro Paese le tracce si perdono nel 2015, dopo essere uscito dal carcere e, prima, arrivato come falso minorenne immigrato illegale, nel 2011 a Lampedusa.

Amri viene dalla Tunisia, da dove è in fuga perché condannato a cinque anni per rapina e sospettato di essere vicino ad Ansar al Sharia.

Prima domanda: è già un radicale islamista conclamato oppure no? La risposta aiutare a delineare il ruolo delle prigioni italiane spesso incubatori di islamisti, dove sappiano esserne qualche centinaio sotto stretta osservazione. Ma da dove sappiamo anche esserne usciti qualche altro centinaio, ormai radicalizzati, messi in libertà.

Amri va quindi a Berlino. Ma quando? Che tragitto compie e, soprattutto, nel suo viaggio verso nord passa per Milano dove potrebbe avere incontrato qualche contatto utile?

Infatti, la questione centrale sta nello scoprire la ragione per cui, dopo l’attentato, di Berlino torna a Milano.

A questo punto Amri è un uomo in fuga, che sa di essere ricercato ma che posta un video girato dopo l’attacco e che attraversa l’Europa per arrivare a Milano dalla Francia. Presumibile che cercasse un nascondiglio o un aiuto presso qualcuno che conosceva: ma doveva essere molto motivato o completamente folle per correre tanti rischi.

Amri arriva a Torino, riparte nella notte alle 23:00: è l’ultimo treno in arrivo a Milano in Stazione Centrale dove le pulizie sono in corso e le uscite aperte sono pochissime. Soprattutto i mezzi della Metropoli sono bloccati e anche l’ultimo treno per Sesto è partito da qualche minuto: non è come a Berlino. Lo sapeva? Deve infatti incamminarsi (?) per Sesto, sono molti chilometri nella città della notte: ha senso affrontarli solo se qualcuno ti aspetta o se hai un porto sicuro. In ogni caso, Amri non può comunicare perché non ha un cellulare con sé, invece ha una pistola calibro 22, colpo in canna, nello zainetto. Chi lo aspettava?

Milano è una tappa di un viaggio complicato per tornare nel sud Italia, dovrebbe potrebbe avere i suoi contatti della prigionia, o verso i Balcani, come ipotizzano alcune agenzie tedesche?

Milano è l’approdo finale, che non conduce però alla moschea di Cinisello che ha preso nette distanze da Amri, quale ospite di una rete costituita?

Si tratta di domande di cui si cerano risposte perché, in relazione al livello di programmazione del viaggio e della stabilità della rete che contorna Amri, da queste emerge più chiaro il livello di coinvolgimento dell’Italia e il rischio connesso alla minaccia jihadista nel nostro Paese.