Gli attentatori di Parigi: le relazioni da ricostruire – by Marco Maiolino e Alessandro Burato

Le relazioni tra gli attentatori di Parigi che vengono suggerite in questo commento sono fondate su informazioni relative alle indagini filtrate sui quotidiani d’Europa, ricompresi in una mappa concettuale più ampia che ancora deve essere verificata e della quale si potrà, forse, avere un’idea più chiara solo al termine del lavoro di intelligence che al momento si sta svolgendo per dare risposta ad alcune domande.

Con il nevrotico flusso continuo di informazioni lanciate dai media, le operazioni di diversi servizi di intelligence e corpi di polizia ancora in corso e gli eventi di Parigi ancora caldi e ravvicinati nel tempo, fornire un adeguato lavoro di analisi risulta essere molto complesso. Tale lavoro, però, si fonda sulla formazione di interrogativi e questa analisi mira a sollevare domande, non a formulare sentenze, affrettate ed inutili alla comprensione dei sistemi complessi, che lo Stato Islamico e la sua strategia rappresentano.

Il discorso solenne di Hollande davanti al parlamento francese in seduta plenaria, rappresenta un’ottima cornice per organizzare gli eventi che si intende osservare. Secondo il premier francese, l’atto di guerra a Parigi è stato: “pianificato in Siria, organizzato in Belgio e perpetrato in Francia”.

A questo punto i profili degli attentatori, la geografia organizzativo/operativa degli attacchi e il network strategico che ripercorre l’intera filiera dal Medio Oriente al cuore dell’Europa, forniscono interessanti informazioni, che è necessario prendere in considerazione.

  Attentatori Parigi

Siria: gli episodi di Parigi sono stati pianificati in Siria? La cellula operativa proveniva interamente dal Levante? Si parla di lone wolves o di un commando specializzato? IS ha davvero creato una unità di pianificazione e attuazione di attacchi all’estero? È Al Baghdadi in persona ad aver autorizzato l’operazione?

Di tutto questo non si ha, al momento, certezza. Quello che è certo è che gli attentatori identificati hanno combattuto in Siria, probabilmente a Raqqa (città strategicamente cruciale occupata da IS in Siria), notoriamente un centro di addestramento dei combattenti del Califfato, specialmente in tecniche di guerriglia urbana. Il bacino siriano può essere stato dunque il terreno dell’incontro e della stretta di legami tra alcuni degli attentatori. Inoltre Daesh è sì sotto attacco, ma è contrastato con una strategia di contenimento mentre IS punta all’espansione, con una strategia chiara, un network di alleati e sostenitori multinazionale, un sistema di finanziamento e reclutamento efficiente, e una notevole capacità di sfruttare imprevedibilità e debolezze avversarie.

Turchia: il passaporto siriano trovato sul luogo di una delle esplosioni parigine si sarebbe rivelato falso, mentre l’altro passaporto rinvenuto, è appartenente a un cittadino egiziano, un ferito grave, non un terrorista. La Turchia, confine ultimo fra Europa e Medio Oriente, è un terreno franco per la compravendita di documenti contraffatti, se si dispone di una adeguata ma non eccessiva liquidità.

Ahmad Al Mohammad, il nome riportato sul passaporto, nato in Siria, a Idlib, è entrato in Europa passando per la Grecia dove è stato registrato (con quel nome) nell’ottobre 2015 prima a Lesbos e poi in Serbia, passando dall’Ungheria prima di arrivare in Francia. Il tema dell’immigrazione come canale di infiltrazione terrorista è sensibile, ma bisogna sottolineare che i migranti non sono terroristi ma i terroristi sono migranti e che la chiusura avventata e sistematica dei confini rischia di fare esattamente il gioco del nemico, frantumando una già fragile unità europea che è invece la chiave della vittoria.

Belgio: Brahim Abdeslam era francese, residente in Begio, Abdelhamid Abaaoud, la probabile mente della strage di Parigi, è Belga di Molenbeek, Bilal Hadfi è belga, Abdel Salah Salam, è belga, così come Salah Abdeslam risiede in Belgio. Ma perchè il Belgio? Il Belgio ha la più alta concentrazione di foreign fighters per capita (44 per milione di abitanti) e in più il povero e problematico distretto di Molenbeek, nella periferia di Bruxelles, è un riferimento logistico per terrorismo e criminalità organizzata, ed è stato un costante rimando per attentati terroristi da Madrid 2004, alla sparatoria al museo ebraico, Charlie Hebdo, al treno Bruxelles-Parigi dello scorso agosto, fino a Parigi sabato notte. Su quella parte di Bruxelles, la polizia ha poca presa, e in Belgio, in generale, l’influenza salafita è molto forte, il mercato nero delle armi molto sviluppato, le frizioni fra la parte francese e quella olandese favoriscono instabilità, limitando il controllo, mentre lo stato federale, con la sua governance stratificata, rende difficile lo scambio di informazioni a livello investigativo ed il lavoro di intelligence. Inoltre il Belgio è situato a centro dell’Europa.

Balcani: un cittadino montenegrino è stato arrestato, i primi di novembre, in Germania (Bavaria), guidava una VW Golf carica di armi ed esplosivo, era diretto a Parigi dopo essere passato per Montenegro, Croazia, Slovenia e Austria. Potrebbe essere connesso agli attacchi di Parigi come no, ma, certamente, l’attacco di sabato non si porta a termine con armamenti ed ordigni di fortuna, e il mercato nero belga si rifornisce di armi provenienti dai Balcani e rimaste lì dal conflitto degli anni ‘90. La minoranza musulmana che abita quelle zone è un bersaglio diretto della strategia di reclutamento ed espansione di IS, che cerca di attrarre consenso e, in generale, l’infiltrazione balcanica del Califfato è nota e forte, compresi i contatti con il crimine organizzato (e non solo in quella zona del mondo).

Francia: è una ex potenza coloniale e se prima era un bersaglio prioritario, per via di una forte laicità e della partecipazione ai bombardamenti, in Siria e Iraq, della coalizione guidata dagli Stati Uniti, ora, come dichiara il suo presidente della repubblica “è in guerra” contro Daesh. 4 dei responsabili della strage di sabato sono francesi, il numero di foreign fighters provenienti dalla Francia supera le 1550 unità, la minoranza islamica è numerosa e i processi di radicalizzazione on-line e mediante infiltrazione nelle moschee sono molto efficaci, cellule jihadiste molto attive sono state registrate a Parigi (nei banlieau e non solo) e nel nord-est, i contatti con le cellule in Belgio ben sviluppati, mentre a Lione, per esempio, sono stati sequestrati, in un raid delle forze di sicurezza, fucili da assalto, esplosivi e lancia razzi. la Francia era già stata gravemente colpita con l’attacco alla redazione di Charlie Hebdo, perchè colpirla ancora? Le motivazioni potrebbero essere molte, dalle minacce proclamate, alla dimostrazione di poter colpire nonostante il livello (alto) di sicurezza, ma, di certo, un attacco simultaneo, con la pianificazione, preparazione e le risorse dimostrate si attua dove organizzazione e logistica lo permettono.