I droni di Daesh – by Gabriele Mori

“Attacchi drone”: il futuro degli attentati terroristici? Analisi di una minaccia tridimensionale.Pensare da terrorista vuol dire essere creativi.

Un limite talvolta presente nell’attività di prevenzione della criminogenesi, consiste nell’osservazione storica dei precedenti eventi criminali – volta a fornire una predizione di questi nel nostro domani – guardando al futuro come un semplice e statico prolungamento del passato e del presente. Ma think terrorist è creatività, singolarità, ed è tentare di prevedere, per quanto non sia semplice, anche l’originalità criminale di un nemico liquido ed imprevedibile.

Quando si parla di “droni”, o meglio di UAVs (Uninhabited Aerial Vehicles), ovvero “veicoli aerei senza pilota a bordo”[1], in riferimento all’uso fatto da gruppi terroristici, la casistica che si presenta è estremamente sporadica. Con dati così scarsi, e con la mancanza assoluta di precedenti attacchi terroristici su suolo occidentale per mezzo di UAVs, è ragionevole affermare che siamo lontani da un attentato di questo tipo.

Però, come detto, i casi sono sporadici, ma non assenti. Pertanto prendiamo Daesh (ISIS) come gruppo terroristico di interesse e analizziamo la sua familiarità nell’uso di UAVs. Domandiamoci:

  • Ha mai usato UAVs per scopi civili e/o tattici? Sì, sia per riprese aeree, da inserire nei video di propaganda, sia come strumento di intelligence, per perlustrazione, monitoraggio e acquisizione di obiettivi nemici (fin dal 2014).
  • Ci sono stati ritrovamenti di UAVs armati? Sì, da una notizia di dicembre 2015, sembrerebbe che un drone appartenente a Daesh e carico di esplosivo sia stato abbattuto dalla milizia armata curda YPG[2]; da allora sono stati abbattuti “droni-bomba” in diverse circostanze.
  • Daesh è mai riuscita nell’intento di sfruttare UAVs letali? Sì, il primo caso risale al 2 ottobre 2016, quando due soldati curdi sono rimasti uccisi raccogliendo un UAV carico di materiale esplosivo (non si sa con certezza se la detonazione sia stata attivata a distanza o se innescata inavvertitamente dai soldati)[3]. Un ulteriore primato è stato stabilito pochi giorni fa (18 novembre), quando Daesh pare abbia usato un UAV per bombardare le linee nemiche durante una battaglia con l’Esercito Arabo Siriano, nei pressi di Deir el-Zor (140 km a sud-est di Racca, Siria)[4].

Daesh non ha mai compiuto attentati in occidente con UAVs, ma gli eventi qui sopra descritti lasciano intendere un climax cronologicamente coerente nella pericolosità dell’uso di questi mezzi. È bene ricordare che i primi attentati del terrorismo islamista, per mezzo di kamikazee, non furono certo su suolo occidentale, bensì nei teatri medio-orientali, come lo è ora per gli attacchi a mezzo di UAVs.

Gli analisti concordano nell’affermare che un attentato di questo tipo risulterebbe inefficiente e goffo, data la scarsa autonomia delle batterie dei UAVs, il raggio ridotto per il suo controllo, la bassa velocità e il peso esiguo del carico trasportabile. Pertanto, per massimizzare le vittime, sarebbe comunque più conveniente l’uso di armi tradizionali (come pistole e fucili).

Ma il terrorismo è innanzitutto comunicazione, è incutere terrore, è costanza della minaccia, e non è necessariamente “mietere più vittime possibili” – le quali sono piuttosto il mezzo per ottenere una buona risonanza mediatica.

Una strage taciuta e sconosciuta non è in grado di spaventare nessuno, non è in grado di fare terrorismo.

Un kamikazee, se riuscisse ad infiltrarsi in un evento sportivo, potrebbe mietere decine di vittime. Ma che ripercussione avrebbe sui media la notizia di un drone fatto volare ed esplodere nel bel mezzo di un campo da calcio, colpendo anche solo un giocatore, idolo dei tifosi, sotto gli occhi di migliaia di persone e di decine di telecamere?

I due esempi sono fittizi – ed è chiaro che in altri contesti un kamikazee sarebbe più efficace di un UAV – ma fungono comunque da spunto di riflessione. Per quanto riguarda il primo, siamo ormai ben difesi da una lunga storia di controlli dei partecipanti all’ingresso di stadi ed eventi sportivi; ma saremmo preparati alla seconda circostanza?

Nell’era del terrorismo contemporaneo, lo spazio aereo (inteso come luogo in cui i grandi aeromobili – e non i UAVs – sono soggetti a regole e restrizioni) viene costantemente monitorato, e le eventuali minacce che ne possono derivare, come dirottamenti e attacchi missilistici, appaiono remote sia fisicamente che probabilisticamente: gli eventi del 9/11 hanno creato un precedente in un modus operandi che non ha trovato episodi clamorosi di recidiva e, di contro, ha visto il rafforzarsi delle misure di sicurezza dell’aviazione civile. Le dinamiche che competono lo spazio aereo rimangono lontane e invisibili dalla nostra quotidianità (se non parzialmente quando ci rechiamo in aeroporto), relegate ad un piano che è parallelo a quello che viviamo ogni giorno, in un equilibrio costante tra possibilità di minaccia e bisogno di sicurezza.

Ad oggi, la securizzazione di eventi, infrastrutture, strade e città, ci ha abituati e si è abituata, a transenne, ingressi controllati, recinzioni, posti di blocco e perfino ad una disposizione di strade e barriere architettoniche atte a non offrire spazio di rincorsa per eventuali veicoli impazziti e auto-bomba. Le nostre difese si basano fondamentalmente su due dimensioni di un piano cartesiano, ovvero su una capacità attentiva che ha interiorizzato norme di sicurezza sviluppate fondamentalmente sui due assi, X e Y.

Non si considera l’asse Z.

Cosa accadrebbe se la finestra di opportunità terroristiche trovasse una sua estensione, dal semplice piano, alla terza dimensione? Ecco che le difese tradizionali risulterebbero inefficaci.

Ad esempio si è già pensato all’ipotesi del riadattamento di droni agricoli, usati per la diffusione di agenti chimici utili ai terreni, in UAVs atti a disperdere agenti tossici. E ancora: si è a conoscenza del fatto che un civile abbia creato, amatorialmente ma con successo, un drone-lanciafiamme.

Come si comporterebbero le forze dell’ordine di fronte ad una minaccia simile su suolo urbano? Risponderebbero al fuoco rischiando di colpire il serbatoio del UAV e provocando un ulteriore diffusione delle tossine (nel primo caso) o una pericolosa deflagrazione (nel secondo)?

La ricerca di strumenti di contro-offensiva studiati ad hoc per gli UAVs dimostra creatività ed è in continua crescita, ma siamo lontani dall’ avere un’implementazione di queste difese su larga scala, con le relative procedure d’uso. Tra i vari sistemi, progettati o in progettazione, vi sono:

  • Armi laser (concentrazione di un denso fascio luminoso volto a bruciare il UAV)[5]
  • Cannone sonico (colpisce le frequenze di risonanza del giroscopio del velivolo, mandandolo in tilt)[6]
  • Attacchi al sistema GPS (laddove presente nel UAV, che porta ad una perdita di controllo sul drone e ad un atterraggio forzato)[7];
  • Falcon Shield (progetto di Finmeccanica, che promette di prendere il controllo del UAV)[8]
  • Aquile anti-drone[9].

Concludendo, possiamo affermare un’ulteriore “tridimensionalità” se osserviamo i livelli di minaccia costituiti dall’uso terroristico e criminale di UAVs in contesti urbani:

  • Minaccia fisica: è innegabile che questo sia un nuovo strumento, una nuova arma, che può aprire specifiche opportunità di aggressione che prima erano difficili o impensabili (ad esempio, la qualità della precisione degli UAV li rende un buon mezzo per colpire un target specifico – si pensi ad un comizio politico all’aperto o alla possibilità di colpire elementi specifici di una infrastruttura critica recintata);
  • Minaccia tattica (di intelligence e logistica): l’UAV può essere usato per ottenere informazioni (acquisizione di materiale video in luoghi inaccessibili all’uomo o hacking di reti wi-fi da grande distanza[10]) e per trasporto di materiali (si pensi a come possa cambiare la sorveglianza di un sospetto covo di terroristi laddove uno scambio di oggetti da e verso l’esterno possa avvenire non solo per transito dagli ingressi principali, ma anche tramite finestre, camini o eventuali passaggi ricavati da scavi nei muri – analogamente gli UAVs sono stati usati per traffico transfrontaliero di droga[11] o per trasportare oggetti nelle carceri facendo evadere i detenuti[12]);
  • Minaccia psicologia: l’eventualità di un attacco dall’alto porterebbe la popolazione a “guardarsi non più soltanto le spalle” (per effetto della novità del suddetto asse Z). La novità della minaccia potrebbe creare una psicosi collettiva, e a questo si sommerebbero gli effetti sulla paura che eserciterebbe un nemico fisicamente assente, senza il volto di un colpevole da poter vedere e rivedere nelle cronache.

Abbiamo visto come gli UAVs sembrerebbero attualmente poco efficaci per un uso terroristico in casa nostra. Ma cosa possiamo aspettarci dal futuro considerando un crescente know-how e una maggiore dimestichezza nell’uso di questi mezzi, nonché i miglioramenti tecnologici che li renderanno più efficienti (maggiore autonomia, portata di carico, raggio d’azione, controllo simultaneo di più veicoli, ecc.)?

La genialità criminale ha spesso affascinato la cultura popolare per la sua capacità di prenderci alla sprovvista.

Nella speranza che ciò non avvenga mai, aspettiamoci una nuova mossa originale da parte di Daesh, tenendo a mente una considerazione: lasciamoci sì stupire, ma non facciamoci sorprendere.

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[1] Preferisco UAV come “Uninhabited Aerial Vehicle” rispetto al classico “Unmanned Aerial Vehicle”, in quanto il pilota è sicuramente assente dal veicolo, ma può essere sia presente a terra (nella guida manuale), sia completamente assente (guida automatica, ad esempio per mezzo di indicazioni GPS).

[2] http://www.popularmechanics.com/military/weapons/a18577/isis-packing-drones-with-explosives/

[3] http://en.alalam.ir/news/1871832

[4] https://www.almasdarnews.com/article/isis-uses-drones-bomb-syrian-army-positions-deir-ezzor/

[5] https://www.wired.com/2014/09/armys-new-laser-cannon-blasts-drones-out-of-the-sky-even-in-fog/

[6] https://assets.documentcloud.org/documents/2194008/rocking-drones-with-intentional-sound-noise-on.pdf

[7] http://www.forbes.com/sites/thomasbrewster/2015/08/08/qihoo-hacks-drone-gps/#6a09c1b753fe

[8] https://www.tomshw.it/falcon-shield-il-sistema-anti-drone-di-finmeccanica-74182

[9] https://www.theguardian.com/world/2016/feb/01/dutch-netherlands-police-birds-un

[10] http://www.geek.com/geek-pick/wasp-the-linux-powered-flying-spy-drone-that-cracks-wi-fi-gsm-netwokrs-1407741/

[11] http://www.smartweek.it/droni-carichi-cocaina-dei-narcotrafficanti/

[12] http://www.repubblica.it/esteri/2016/11/08/news/londra_carcere_fuga-151567318/