La cellula degli Imishti – by Giovanni Giacalone

Lo scorso 16 aprile Samet Imishti veniva condannato da un tribunale kosovaro a sette mesi di reclusione, con aggiuntiva multa di euro 800; il soggetto in questione è accusato di aver fatto propaganda a favore dell’ISIS sul proprio profilo Facebook e attraverso un gruppo denominato “Me ose, pa tu, Hilafeti eshte rikthy” (Con te o senza di te il califfato è ritornato), da egli gestito.Samet Imishti, 42enne piastrellista, era stato arrestato il 1 dicembre 2015 durante l’operazione “Van Damme”, rintracciato dagli agenti kosovari a Hani i Helezit, cittadina del Kosovo orientale ben nota per l’alto tasso di radicalizzazione. Nella sua abitazione erano state trovate alcune armi da fuoco e collegamenti diretti accertati con filiere jihadiste attive in Siria, riconducibili al noto terrorista kosovaro dell’Isis, il “macellaio” Lavdrim Muhaxheri.

Samet era a capo di una piccola cellula con a seguito tre individui dei quali due parenti di primo grado:

Ismail Imishti (fratello di Samet e padre di Mergim), kosovaro, residente a Chiari ed espulso dal territorio italiano

Mergim Imishti (nipote di Samet), kosovaro, espulso dal savonese dove si trovava occasionalmente per motivi di lavoro. I documenti del ragazzo non risultavano tra l’altro in regola.

Mergim è ritenuto un “fiancheggiatore” dei suoi parenti radicalizzati, un simpatizzante via internet e tramite i social, dell’Isis.

Arben Suma  è forse il personaggio più interessante della cellula: cittadino macedone residente nel vicentino, per lui è stata disposta la misura di sorveglianza speciale, su richiesta avanzata direttamente dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo (che consiste nel ritiro del passaporto, obbligo di firma, divieto di lasciare la propria abitazione in determinati orari e altre prescrizioni).

Il pubblico ministero Fabrizio Celenza aveva sottolineato come, dall’esame dei profili Facebook dell’operaio (ne aveva due: uno “politico”, e uno famigliare), emergeva come il giovane fosse affiliato in rete al già citato gruppo “Con te o senza di te il Califfato è ritornato”, dove si potevano leggere post come:

Parigi a lutto, la torre senza luci, 158 morti, questo è solo l’inizio

E ancora:

Oh miscredenti capirete che l’Islam non si combatte, è inutile. I leoni vi hanno lasciato un messaggio e per Allah non dormirete sonni tranquilli, ma voi avete scherzato con i loro messaggi ed avete continuato a bombardare e allora questo è il risultato”.

Altri utenti ancorati a chiare posizioni jihadiste scrivevano:

L’Europa verrà disgregata, mentre entro cinque anni si formeranno gli stati islamici e ci sarà una legge, quella della Sharia”.

La figura di Rexhep Memishi

Suma intratteneva rapporti con l’imam radicale macedone di etnia albanese Rexhep Memishi (arrestato a fine marzo dalle autorità macedoni) e con altri elementi radicalizzati.

Memishi non è certo un predicatore qualunque, allievo di Shukri Aliu (anch’egli cittadino macedone di etnia albanese ed ex miliziano dell’UCK), nel 2000 veniva espulso dall’Arabia Saudita, dove studiava teologia. La motivazione è la medesima con la quale veniva espulso anni prima il suo “maestro” (Aliu), deriva radicale di matrice takfirista che metteva a rischio l’ordine pubblico del Regno dei Saud.

Secondo fonti del KCSS, un parente stretto di Memishi sarebbe stato ucciso mentre combatteva nelle file dell’ISIS in Siria.

Si ritiene inoltre che il maestro e indottrinatore di Memishi, Shukri Aliu, abbia un legame ideologico diretto con Lavdrim Muhaxheri, a sua volta presumibilmente collegato anche con Samet Imishti.

Rexhep Memishi, veniva condannato da un tribunale macedone lo scorso 25 marzo a sette anni di reclusione, con l’accusa di essere a capo di una rete attiva nella propaganda e il reclutamento per l’ISIS.

Condannati a pene che vanno dai cinque anni ai cinque anni e mezzo anche Ahmet Dedrista, Fejsula Edemovski, Resul Saiti, Fazli Sula e Muhamed Shehu, seguaci del predicatore. Memishi svolgeva il ruolo di imam presso la moschea di Tutunsus, nel quartiere di Car, notoriamente popolato da albanesi.

Il contesto ideologico che si delinea, di matrice scrupolosamente takfirista, non va assolutamente sottovalutato visto che la network propagandista di Rexhep Memishi e Shukri Aliu sono tra le più radicali e radicate nei Balcani, tanto che i due individui in questione sono stati allontanati dall’Arabia Saudita. Sono inoltre stati segnalati alcuni preoccupanti legami tra macedoni di etnia albanese ex miliziani dell’UCK e l’ideologia jihadista takfirista, una correlazione che fino a poco tempo fa non sembrava di particolare rilievo.

Il rischio che la propaganda ideologica di Memishi e Aliu possa far breccia all’interno dell’ambiente islamista balcanico in suolo italiano è reale e va attentamente monitorato.

Imishti