Bin Landen richiama agli attacchi suicidi – by Marco Maiolino

Il 13 maggio scorso l’apparato mediatico qaedista As Sahab ha rilasciato online un video – in lingua araba, sottotitolato in inglese e della durata di poco più di 10 minuti – contenente un audio-messaggio di Hamza Bin Laden (28 anni), figlio del fondatore di Al Qaeda Osama Bin Laden, dal titolo “Advices from Martyrdom-Seekers in the West”.

Nonostante le informazioni relative ad Hamza siano a oggi limitate, per lo più relative a video ed immagini che lo ritraggono insieme al padre all’interno di datata propaganda jihadista, il figlio di Osama a seguito del 9/11 sembra essere fuggito in Iran insieme alla madre e a tre importanti luogotenenti di Al Qaeda, probabilmente responsabili della sua educazione all’Islam radicale e alle tattiche militari.

Hamza ha ereditato il profilo carismatico del padre, o forse solo sfrutta una posizione favorevole sulla scena, ma è accreditato di una certa leadership e diversi analisti lo hanno identificato come possibile futuro leader del network qaedista.

La rinnovata apparizione di Hamza Bin Laden sulla scena internazionale è legata a 4 audio-messaggi registrati negli ultimi due anni: è molto interessante notare come secondo l’intelligence americana i messaggi da lui propagandati assomiglino molto alla propaganda paterna specialmente riguardo a terminologia e utilizzo delle frasi. Questa caratteristica potrebbe suggerire da parte di Al Qaeda l’avvio di un processo di accredito e di ricostruzione della successione alla leadership basata sulla affermazione ed evocazione della figura carismatica Bin Laden: una successione che potrebbe causare futuri problemi di leadership se non adeguatamente mediata.

L’analisi del contenuto del messaggio dello scorso 13 maggio 2017 suggerisce tematiche estremamente interessanti:

  • L’incitamento diretto verso i proseliti del jihad a non partire verso i teatri della guerra ma rimanere nei paesi che li ospitano per compiere là gli attentati con una azione considerata più efficace, secondo uno stile già ampiamente affermato negli ultimi dodici mesi da Daesh.
  • La fornitura di linee guida operative rispetto alla priorità dei target da selezionare – i trasgressori dell’Islam, Israele, USA, paesi NATO e Russia – ed al modus operandi implementabile durante gli attentati. In questo contesto viene dato un riferimento specifico relativo alla consultazione, in termini di supporto alle operazioni, della pubblicistica jihadista e più precisamente viene rilanciata la rivista Inspire.
  • La diffusione inequivocabile del messaggio legittimante l’atto terroristico attraverso i media. Il messaggio legittimante citato è articolato, viene direttamente fornito all’interno dell’audio-messaggio e sembra rispondere alla necessità strategica della rivendicazione dell’attentato e dunque all’efficace sfruttamento degli effetti di quest’ultimo anche sul medio e lungo periodo.
  • La descrizione, il rilancio e il supporto alle Martyrdom operation (operazioni suicide). Qui molta attenzione viene dedicata alla scrupolosa identificazione del target, alla costruzione di una forte conoscenza dell’obiettivo, alla discrezione durante la pianificazione e allo sfruttamento dell’effetto sorpresa. Modus operandi che sembra essere “classico” delle operazioni qaediste.

Risulta poi essere fondamentale l’analisi del contesto all’interno del quale il messaggio è stato propagandato: oggi sullo scacchiere internazionale si assiste a una perdurante perdita di controllo dei territori da parte di Daesh in Medio oriente (anche se la sua presenza ed operatività risulta essere globalmente ancora salda) e a un recupero politico di Al Qaeda, che risulta fortificarsi sui vari quadranti di Nord Africa, Corno d’Africa, Medio Oriente, Sub-continente Indiano e Afghanistan.

Questa discrepanza di stato tra i due grandi competitor della guerra intra-musulmana, che potrebbe esacerbare il conflitto per la primazia nel fronte jihadista globale, è però mediata da una propaganda che non si pone in netto contrasto ma sfrutta tematiche e suggestioni comuni. I punti di contatto tra i due gruppi, riferiti quantomeno alla comunicazione, sono ancora più significativi se posti in relazione a quelli contenuti nel messaggio di Ayman al Zawahiri diffuso a metà aprile.

Nel suo discorso il leader di Al-Qaeda lascia intravedere spazi di condivisone, almeno nelle intenzioni programmatiche, con il Daesh: entrambi soffrono infatti per le “ferite del Levante” e combattono “lo stesso nemico crociato, anche se su un fronte diverso”.  Infine, nel rivolgere l’appello “unite e rafforzate i vostri ranghi con i fratelli muslmani e i mujahideen non solo nello Sham, ma nel mondo intero perché è unica la campagna dei crociati”, suggerisce di non occuparsi del mantenimento di un territorio ma di “fiaccare il morale del nemico con atti di guerriglia”.

La convergenza è anche presente nelle indicazioni date agli aspiranti combattenti, dall’invito a non partire per il Medio oriente per colpire in patria; al suggerimento di target (simili) e modus operandi (caratteristici dei due gruppi), alla richiesta di rivendicare sempre l’attacco.

La rinnovata presenza comunicativa/propagandistica di Al Qaeda continua a mantenere ambigua la posizione reciproca dei due gruppi, sempre fortemente condizionata dal momento storico caratterizzato da fortune e dolori dell’una o dell’altra fazione, segnando però un momento significativo per il rilancio di AQ favorito dal ritorno di due pericolosi fantasmi: Bin Laden, nella sua genia, e gli attacchi suicidi, nella loro spaventevole possibilità.