Blogging in the Arab world – by Chiara Fonio

La vicenda delle vignette apparse sul quotidiano danese Jyllands-Posten ha goduto di un’ampia attenzione da parte dei media tradizionali.

Blogging

 

La mappa allegata (tratta da Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Image:Cartoonmap-key.png ), mostra la risonanza dell’accaduto all’interno delle testate giornalistiche: più la tonalità di blu è intensa, maggiore è il numero dei quotidiani che hanno ristampato le vignette satiriche. Il colore rosso, invece, è utilizzato per segnalare le aree nelle quali si sono verificate sia proteste da parte dei cittadini di religione musulmana, sia azioni di boicottaggio nei confronti di prodotti danesi. Anche in quest’ultimo caso, la tonalità è indice di una maggiore asprezza delle proteste. Come si può notare, alcuni paesi sono di colore viola (come la Francia). Il viola si riferisce ad un elevato numero di quotidiani che hanno stampato i cartoons e a gravi azioni di protesta e boicottaggio.

E’ interessante mettere in luce che i paesi musulmani nord-africani si contraddistinguono più per le proteste più o meno violente che per la comparsa sui quotidiani delle strisce incriminate (con l’eccezione dell’Algeria e del Marocco). Sebbene sia prevedibile una minore possibilità da parte dei cittadini di questi paesi di accedere a diverse fonti informative, non va dimenticato “un altro tipo di mondo” che non è rappresentato sulla cartina. Mi riferisco agli utenti di Internet che hanno avuto modo di vedere i cartoons e di esprimere la loro opinione in merito. La diffusione di Internet è, infatti, in continua crescita. Anche se non si hanno a disposizione dati statistici certi, è possibile abbozzare alcune ipotesi. La prima riguarda gli utenti dei quali ci occuperemo in questo articolo, ovvero chi ha aperto uno spazio personale, generalmente un weblog, per commentare i fatti culturali e di cronaca del proprio paese. Questi bloggers rappresentano un’eccezione in quanto scrivono in lingua inglese al fine di raggiungere il maggior numero di persone al di fuori dei confini dello stato in cui vivono e, di conseguenza, si pensa abbiano una cultura medio-alta rispetto ai propri concittadini. Il livello di conoscenza della lingua, infatti, è piuttosto elevato così come la capacità di mettere a disposizione risorse informative dimostra una notevole padronanza dello strumento. Una seconda ipotesi è quella già accennata in precedenza e riguarda la diffusione del mezzo e la crescente attenzione da parte degli utenti in termini di potenzialità offerte. Basti pensare che è stato recentemente aperto un sito chiamato i.Toot (http://www.itoot.net) nato dall’esigenza di raccogliere le numerose voci provenienti dai blogger arabi che sentivano il desiderio di condividere le proprie conoscenze o storie di vita. Lo scopo di iToot è di “ to build a new medium in which intelligent voices from and for Arabia are brought together and presented to a wider community; where passionate readers and writers can share and communicate without filtering.”. Colpisce l’accenno finale alla libertà di espressione nonché alla selezione delle “voci intelligenti” al fine di garantire interventi di buona qualità e rendere più gradevole la lettura. I.toot è l’equivalente di technorati (http://www.technorati.com) nell’ambito blogosfera araba e monitora un centinaio di blog prevalentemente in lingua inglese. Si aggiunga, inoltre, l’attenzione che la Harvard Law School sta dedicando al fenomeno dei blogger – attraverso il sito Global voices (http://www.globalvoicesonline.org)-  che si esprimono in paesi generalmente poco considerati nella “big conversation” del World Wide Web, come quelli africani, coreani, iraniani, afghani ecc…All’interno del panorama italiano, invece, il sito di riferimento sembra essere Bloggers senza frontiere (http://bloggersenzafrontiere.blogosfere.it) nato per far “conoscere e ascoltare le voci di coloro che vivono in paesi in guerra (come l’Iraq), o in nazioni oppresse da regimi autoritari (come in Iran, Cina, Arabia Saudita) o in luoghi dove è in atto un lento processo di democratizzazione (Egitto, Marocco, Barhain, Sud Africa), o di sviluppo (Tanzania)”.

Itoot, globalvoices e Blogger senza frontiere sono soltanto tre esempi del fermento che negli ultimi anni contraddistingue i cybernauti del mondo arabo e non solo. Per quest’ultimo motivo, abbiamo deciso di occuparci di come i cartoons sono stati commentati in alcuni importanti blog marocchini, iraniani, giordani e afghani. Consapevoli del fatto che l’eco delle vignette sia stata molto più ampia di quella presentata in queste poche pagine, desideriamo inaugurare un percorso di riflessione rivolto a chi cerca di raggiungere un vasto pubblico per descrivere la realtà che vive quotidianamente o, come in questo caso, per commentare importanti episodi di cronaca.

Blog e vignette

Prima di analizzare la reazione dei blogger arabi ci siamo chiesti quale fosse l’entità dei post scritti all’interno della blogosfera mondiale inerenti all’argomento preso in esame. Per valutarlo, abbiamo fatto una ricerca all’interno di Technorati (http://www.technorati.com), il più grande motore di ricerca sui blog attualmente esistente, volta a comprendere nel corso di un anno quanti post fossero focalizzati sulla vicenda.

I post dedicati al fenomeno delle vignette sono maggiormente concentrati nel mese di febbraio quando anche i media tradizionali hanno dedicato ampio spazio alle proteste in corso. In linea generale, dunque, nonostante la vicenda della pubblicazione dei cartoons risalga al mese di settembre dell’anno precedente, i blogger si sono conformati all’agenda setting imposta dai media. La gerarchizzazione e la selezione delle notizie, cioè, si è articolata seconda le medesime modalità espresse sui giornali o in televisione. Questo denota, indipendentemente dalla profondità delle analisi, un utilizzo del mezzo che, al contrario di ciò che si potrebbe pensare, rispecchia gli argomenti già  proposti a livello istituzionale.

Passiamo ora a comprendere le reazioni di alcuni blogger.

Tolleranza versus intolleranza

 Iran

In questo caso, gli approfondimenti più interessanti compaiono all’interno di siti in lingua persiana. Grazie a un blog scritto italiano (http://iran.blogosfere.it), abbiamo recuperato le traduzioni di alcuni post la cui linea portante sembra essere la questione dei confini della libertà di espressione. Alcuni si chiedono se libertà significhi offendere la fede altrui, altri nonostante riconoscano il valore del diritto di esprimere le proprie opinioni, non capiscono perché i vignettisti abbiano voluto infierire sui musulmani. Ciò nonostante, viene espresso disappunto nei confronti delle violente proteste verso le ambasciate danesi. C’è chi si appella alle organizzazioni internazionali affinché intervengano per impedire le offese nei confronti delle religioni, solo in questo modo potrebbero essere evitati episodi di fanatismo. I blogger religiosi inoltre si chiedono  come potrebbe reagire il mondo occidentale se venissero pubblicate delle vignette sull’olocausto.

Marocco

Uno dei più conosciuti blog marocchini, è certamente quello scritto da Samir, autore di The view from Fez (http://riadzani.blogspot.com). Samir in un post (http://riadzani.blogspot.com/2006/02/morocco-opens-inquiry-into-newspaper) si indigna sia nei confronti della poco oculata scelta del quotidiano danese, sia per la violenza scatenatasi di conseguenza, frutto di gruppi estremisti. Gli “islamofobici”, afferma il blogger, stanno approfittando delle reazioni violente dei fanatici per creare più scontri ed evitare il dialogo. Non tutti i governi hanno dimostrato di essere all’altezza della situazione, quello marocchino sembra però essersi comportato in modo corretto e responsabile. I giornali marocchini che hanno pubblicato le vignette sono stati sottoposti a giudizio nonostante, come sostiene l’editore Abdelhakim Badiaa, alcune strisce fossero già comparse nel mese di ottobre senza destare alcuna reazione a livello istituzionale. Nel paese è stata anche proibita la vendita delle testate giornalistiche che hanno pubblicato i cartoons. Samir ha anche dato spazio alle email e ai commenti dei lettori pubblicando quelli degni di nota, come la riflessione della blogger Kalila che si chiede come la stampa danese abbia potuto pubblicare quelle vignette offensive senza pensare a cosa sarebbe potuto succedere. Non si tratta di mettere sotto accusa l’intero mondo occidentale, bensì di chiedere spiegazioni agli organi di stampa.

Bsima, sul suo blog scritto in francese, condanna in modo più netto la violenza generata dalla pubblicazione (http://bsima.canalblog.com/archives/2006/02/06/1334853.html) affermando che le reazioni avrebbero dovuto essere più “ponderate, più giuste, e, soprattutto, più meditate” in quanto una religione che predica la pace non dovrebbe proporre un’immagine simile. I commenti al suo post sono molto vari e interessanti. Alcuni sono d’accordo con l’autrice del blog mentre altri sottolineano il fatto che la violenza è l’unica cosa che gli occidentali capiscono e che comunque la maggior parte dei musulmani sono tolleranti. La violenza e il fanatismo appartengono anche all’Occidente.

Secondo un altro blogger marocchino, Medlykos, “chi semina vento, raccoglie tempesta” (http://medlykos.canalblog.com/archives/2006/02/06/1332132.html) ma è anche molto lucido nell’affermare che i cittadini hanno il diritto di vedere le vignette per giudicare se siano o meno offensive: “on a tous besoin de voir de nos propres yeux pour émettre un jugement…pas suivre la masse comme du bétail!”. Le proteste avvenute in paesi quali l’Inghilterra dove i musulmani non rappresentano certo una minoranza, non sembrano stupire il blogger il quale sottolinea ciò che ha già espresso chiaramente nel titolo, “non bisogna giocare con il fuoco”. Per “loro”, dice Medlykos, la libertà di espressione è un diritto costituzionale e non esistono zone grigie, soprattutto dopo il teorema espresso da Bush “Musulmani = terroristi”. Rivolgendosi direttamente al mondo occidentale, egli scrive: “potete fare le caricature dei vostri primi ministri e dei vostri presidenti ma non avete alcun diritto di prendervi gioco dei profeti, soprattutto del nostro! Siate onesti: chi vi impedisce di disegnare delle vignette sull’Olocausto? Non lo fate per una questione di rispetto, ma perché non volete scatenare l’ira di Israele”. E ancora “prima di chiedervi se gli episodi di violenza dei musulmani siano esagerati, incominciate a riflettere su come vi siete comportati voi.”

 Afghanistan

Nel caso dell’Afghanistan abbiamo preso in considerazione un unico esempio, quello di Sanjar (http://www.sanjar.blogspot.com). In un lungo post (http://sanjar.blogspot.com/2006/02/cartoon-crisis.html) il blogger si esprime a favore di scuse ufficiali che dovrebbero provenire dal governo danese. E’ interessante il riferimento al giornale polacco Rzeczospolita che ha pubblicato le vignette nei giorni successivi allo scandalo. Mentre Sanjar sembra comprendere l’atteggiamento delle società secolari e laiche dei paesi scandinavi, non riesce a giustificare la decisione del giornale polacco in quanto si tratta di uno stato con profonde tradizioni religiose. Come può un paese “più religioso dell’Italia”, insultare in tal modo i credenti di un’altra fede? L’articolo si conclude ironicamente con il riferimento su cosa avrebbe fatto Maometto seavesse visto le caricature. Si dice che il profeta era dotato di grande senso dell’umorismo, probabilmente la sua reazione sarebbe stata un buon precedente per i suoi seguaci.

 Giordania

I casi dei blog giordani sono i più interessanti. In particolare un blog (http://www.360east.com) curato dal designer e imprenditore Ahmad Humeid ha attirato l’attenzione di molti. Va ricordato che Humeid è uno dei promotori del sito al quale ci siamo riferiti in precedenza, itoot. Humeid ha posto la questione già avanzata dal blogger afghano inerente la possibile risposta del profeta alle caricature Wondering how the Prophet might have responded to the cartoons..Per abbozzare una risposta, egli si rifà a tre  episodi della vita di Maometto. Il primo racconto riguarda la storia del vicino ebreo che gli getta la spazzatura sui gradini di casa. Un giorno, non vedendo i sacchi della spazzatura, il profeta si reca a trovare il vicino e lo trova a letto ammalato. Gli augura di riprendersi presto e il vicino, colpito dall’atteggiamento di Maometto, si converte all’Islam. Il secondo si riferisce ai bambini della città di Ta’if che lo prendono a sassate nei confronti dei quali reagisce pacificamente pregando Dio affinché rinsaviscano. L’ultimo concerne gli uomini della sua tribù dopo la conquista della Mecca. Molti di essi, infatti, non avevano mai creduto in lui arrivando persino a cospirare contro il profeta. Maometto, una volta conquistata la Mecca, si rivolge a loro dicendo che sono liberi di andarsene. Nello spirito della vita del Profeta, afferma Humeid, ci sono cinque differenti modi in cui il mondo musulmano avrebbe potuto rispondere alle vignette danesi:

  1. organizzare una grande mostra –finanziata dai governi arabi- sulla vita di Maometto e la storia dell’Islam. La mostra avrebbe dovuto essere pubblicizzata attraverso i media danesi,
  2. invitare 100 bambini danesi a vivere con altrettante famiglie musulmane in modo da comprendere il mondo islamico,
  3. invitare gli editori del giornale danese a un grande incontro culturale a Doha, Quatar, o a Copenhagen,
  4. le ambasciate dei paesi arabi e musulmani avrebbero potuto promuovere la nascita di un sito web in lingua danese dedicato ai pensatori islamici contemporanei e alla vita all’interno dei paesi musulmani,
  5. approntare i sottotitoli in danese per il film “The message” e provvedere alla distribuzione in Danimarca

Un altro post dimostra un notevole grado di approfondimento. Si intitola “Decision time for global muslim culture” (http://www.360east.com/?p=311) e pone la questione delle vignette in termini essenzialmente culturali. Humeid, infatti, ricorda che la cultura islamica non è ancora pronta ad accettare critiche né provocazioni. Le violente reazioni da parte dei musulmani sono state lette in termini di “difesa dell’Islam; l’atteggiamento difensivo riflette un senso di insicurezza culturale che deriva dall’incapacità di integrazione all’interno del mondo contemporaneo. Per quanto riguarda la religione, inoltre, è importante ricordare che ogni pretesa di superiorità –sia da parte occidentale che islamica- è fuori luogo. L’indubbio vantaggio delle società occidentali sembra risiedere nel percorso storico degli ultimi secoli che le ha portate ad elaborare il moderno concetto di libertà, la stessa della quale godono gli islamici che vivono in occidente. Lo sbaglio delle società musulmane è stato quello di non saper far tesoro di ciò che c’è di buono in Occidente e di non mostrare gli aspetti tolleranti dell’Islam.

La domanda che si pone Humeid è la seguente: “what kind of respect does the global Muslim culture want today?”, ovvero che tipo di rispetto vuole la cultura musulmana? Il rispetto non dovrebbe passare attraverso il timore suscitato da episodi violenti –come le proteste nei confronti dei cartoons- bensì dovrebbe essere ispirato dal ricco patrimonio storico-culturale.

Chiara Fonio