Il Mali e la Francia mai così distanti – by Luca Cinciripini

Il 31 gennaio la giunta militare di Bamako ha espulso l’ambasciatore francese dal Paese, concedendogli 72 ore di tempo per lasciare il Mali.[1] La clamorosa decisione è stata motivata come reazione alle parole del Ministro degli Esteri francese Le Drian, che la scorsa settimana aveva definito la giunta militare “illegittima” e “fuori controllo”.[2] Quella che a prima vista potrebbe sembrare una classica frizione di stampo novecentesco tra un ex colonia e l’antico potere coloniale, nasconde in realtà tutti i crismi del moderno conflitto ibrido che si dipana sullo scacchiere internazionale. Le tensioni tra Francia e Mali vanno avanti da mesi ormai, alla luce della frustrazione di Macron per gli scarsi risultati militari conseguiti nel contrasto al terrorismo islamico nella regione e per i comportamenti sempre più repressivi della giunta militare.[3] L’apice di questa tensione lo si è raggiunto con l’apertura di un dialogo tra i vertici maliani e il Wagner Group, organizzazioni paramilitare russa legata al Cremlino. Da sempre impiegati come proxy di Putin nei principali scenari di crisi, i paramilitari russi sono sbarcati in Mali nei primi giorni del nuovo anno.

Una situazione di tensione sempre più alta, cui i russi contribuiscono consapevoli della portata storica dell’emarginazione di Parigi da quello che un tempo era considerato il cortile di casa e che ora, complici le sponde cinesi e turche, vede l’Occidente sempre più in affanno. Questa conflittualità impatta anche sull’Italia, coinvolta nella Task Force Takuba che affianca l’Operazione Barkhane a guida francese e ormai in via di ripiegamento. Proprio nelle scorse settimane, il contingente militare italiano nel Sahel ha raggiunto la Full Operational Capability presso la base di Menaka,[4] oggetto recentemente di attacchi a colpi di artiglieria da parte dei miliziani jihadisti.[5] L’inasprimento della tensione tra Parigi e Bamako, dunque, ricade inevitabilmente anche sulle sorti della Task Force internazionale e del contingente del nostro Paese. Già la scorsa settimana, infatti, la giunta militare aveva intimato ai soldati danesi di stanza nel Paese nel quadro della missione internazionale di lasciare il Paese,[6] innescando la reazione delle cancellerie europee e delle istituzioni comunitarie. È inevitabile ricondurre parte della tensione tra autorità militari locali e istituzioni occidentali al ruolo giocato dagli attori russi presenti nel contesto del Sahel. In un movimento ormai progressivo e incessante, i proxy russi offrono aiuto alle deboli autorità saheliane, sempre più spesso giunte militari, intervenendo nei contesti locali spregiudicatamente. In un incessante moto circolare, ciò innesca nel lungo periodo ulteriori spirali di tensione con le popolazioni locali favorendo così l’emergere dei gruppi jihadisti che pongono una seria minaccia agli interessi occidentali. La “Black Belt Road”,[7] la fascia unica di destabilizzazione che attraversa l’Africa da costa a costa promuovendo traffici illeciti che si saldano con conflitti ideologici, rendendo permeabili i confini alle peregrinazioni dei jihadisti e mettendo a repentaglio la sicurezza delle truppe europee allocate.

Il tutto mentre gli attori esterni soffiano sulla rabbia popolare contro gli occidentali ricordando i peccati del colonialismo, promuovendo ad esempio una narrativa filo-russa che porta a bruciare bandiere francesi per le strade del Mali o del Burkina Faso. Mentre sapienti campagne di propaganda nutrono il sovranismo africano che porta le sfinite popolazioni locali alla ricerca della soluzione forte per risolvere crisi infinite.[8] Soluzioni quasi sempre incarnate da giunte militari deboli e corrotte, facilmente seducibili dai soldi cinesi e dai paramilitari russi.

Da un lato, allontanare i francesi dalla regione indebolisce qualsiasi opzioni militare comune, per quanto insufficiente e non esaustiva. Dall’altro, la narrazione anti-francese minaccia di volgere in breve tempo in una rabbia anti-occidentale che rischia di lasciare il nostro contingente militare esposto ai venti di destabilizzazione che spirano sempre più forti sul Sahel.

[1] https://www.bbc.com/news/world-africa-60202343

[2] https://www.lemonde.fr/afrique/article/2022/01/31/le-mali-decide-d-expulser-l-ambassadeur-de-france_6111729_3212.html

[3] https://edition.cnn.com/2022/01/31/africa/mali-french-ambassador-expelled-intl/index.html

[4] https://formiche.net/2022/01/italia-sahel-takuba-jihad/

[5] https://www.france24.com/en/live-news/20220123-french-soldier-killed-in-mortar-attack-on-military-camp-in-gao-mali

[6] https://www.france24.com/en/africa/20220127-denmark-to-start-pulling-troops-out-of-mali-after-junta-s-request

[7] https://www.itstime.it/w/africa-centrale-verso-la-black-belt-road-jihadista-by-marco-lombardi/

[8] https://www.repubblica.it/esteri/2022/01/30/news/africa_mali_sahel_francia_russia_wagner_jihadisti-335832328/