Il terrorismo attacca il turismo: un asset strategico da difendere – by Alessandro Burato e Marco Maiolino

Il 2015 ha sottolineato quanto i turisti (e il turismo) sia un bersaglio specifico del terrorismo attuale, per portare a termine la propria strategia: diffondere terrore e destabilizzare i suoi obiettivi, colpendoli nei loro asset. L’anno appena trascorso ha visto infatti diversi attacchi che hanno coinvolto turisti o più in generale uomini e donne in viaggio. Un attacco terroristico causa primariamente la perdita di vite umane e secondariamente danni economici ai settori turistico e dei trasporti del Paese colpito e quindi all’intero sistema economico, a cui si collegano i danni legati all’immagine. Infatti, sebbene il World Tourism and Travel Council (WTTC) preveda una crescita del 3,5% del settore turistico internazionale, gravi sono state e continuano ad essere le perdite delle singole economie nazionali dei Paesi colpiti, sia in termini di riduzione del PIL che di aumento della disoccupazione dovuta ai danni al turismo: un settore che provvede globalmente per più di 258 milioni di posti di lavoro.

Il turismo e il terrorismo

Da un punto di osservazione prettamente analitico, gli attentati che hanno visto coinvolte strutture turistiche sono perfettamente in linea con ciò che abbiamo definito “guerra ibrida”, ossia una guerra pervasiva, diffusa e delocalizzata che si pone l’obiettivo di diffondere il terrore e di aumentare la percezione di insicurezza a tal punto da condizionare le scelte di vita personali. Ovviamente, la scelta di questi target non è per nulla nuova ma nei casi che verranno presi in esame e che hanno caratterizzato il 2015 si inserisce in una più ampia strategia comunicativa della propaganda di Daesh che ha scelto, infatti, di fare ricorso con più frequenza all’utilizzo della parola terrore piuttosto che morte: il colpire soft target, come possono essere i turisti o i viaggiatori, anche in spazi “aperti” e quindi difficili da securizzare, rende ancora più efficace il dilagare dell’insicurezza che diventa virale nel momento in cui qualcuno è sopravvissuto all’attacco per raccontarlo e “contagiosa” quando si estende a tutti gli ambiti della vita dei singoli uomini.

La cronaca dei recenti attacchi e alcuni dati sulle perdite economiche

In Tunisia, il 18 marzo 2015, pochi uomini armati di AK47 hanno fatto irruzione nel Museo del Bardo causando la morte di 24 persone, tra cui 21 turisti. Il 26 giugno 2015, a Sousse, sempre in Tunisia 38 turisti sulla spiaggia di un resort sono stati freddati come in un’esecuzione da uomini armati. Le previsioni del costo economico di questi attacchi sul settore turistico ammontano a 500 milioni di dollari, ¼ dei 2 miliardi di dollari incassati dal settore turistico nazionale nel 2014 (un calo del 25% circa).

In Egitto il turismo è una voce pesante nel bilancio nazionale e, senza contare i recenti attacchi al bus di turisti arabo-israeliani al Three Pyramids Hotel del Cairo (7 gennaio 2016) e al resort di Hurghada sul Mar Rosso (8 gennaio 2016) che ha causato il ferimento di due turisti austriaci e uno svedese, il solo abbattimento dell’aereo di linea russo (31 ottobre 2015), probabilmente dovuto al posizionamento di un ordigno a bordo, ha causato: la morte di 224 passeggeri; la sospensione dei voli russi e di altri internazionali, verso l’Egitto; un allarme sicurezza negli aeroporti su scala internazionale, con i relativi costi dovuti all’incremento delle misure di sicurezza; il rimpatrio di molte migliaia di turisti di cui 35000 russi; e una prevista riduzione delle entrate annuali garantite dal settore turistico al paese Nord africano del 10%. Introiti che nel 2014 si aggiravano intorno ai 7.2 miliardi di dollari.

Il 20 novembre 2015 un commando di 10 miliziani ha preso in ostaggio circa 170 persone presso il Luxury Hotel di Bamako, in Mali. Al termine delle operazioni di salvataggio, 19 persone hanno perso la vita: tutti viaggiatori presenti nell’albergo per motivi di lavoro. Questo attacco mette in luce un aspetto diverso: ad essere stati coinvolti dall’attentato sono stati uomini e donne che si trovavano nel Paese per affari/lavoro e quindi potenzialmente per garantire uno sviluppo dell’economia del Paese di provenienza e del Mali stesso. Non è facile in questo caso quantificare quanto possano costare, in termini mercati mancati, la diffidenza delle aziende estere a mantenere o aprire eventuali nuovi rapporti economici nella regione africana e quanto possano costare, in termini di protezione e garanzie, nuovi progetti di sviluppo. Infatti, oltre al settore turistico, il commercio e gli investimenti esteri rappresentano ulteriori e ingenti perdite per le economie colpite.

Inoltre, prendendo in considerazione anche gli attacchi terroristici che non hanno colpito direttamente turismo e trasporti, che ledono ugualmente e gravemente le economie dei paesi interessati, altri costi, se pur limitati nel lungo periodo, emergono chiaramente: le spese dirette delle compagnie che operano nei settori turistico e degli spostamenti, dovute alla gestione delle strutture colpite, prenotazioni, rimpatri, rimborsi ed eventuali delocalizzazioni, e le perdite delle quotazioni dei suddetti businesses nei mercati azionari. Nel breve periodo il terrorismo mira a diffondere terrore e quest’ultimo potrebbe diventare panico nei volatili mercati finanziari, sconvolgendo le aspettative degli investitori. Per esempio, a seguito dei tragici eventi di Parigi dello scorso 13 Novembre, si sono registrate le seguenti perdite: le entrate degli hotel e dei ristoranti parigini sono crollate del 30-40% rispetto i livelli dell’anno precedente, mentre le prenotazioni aeree sono scese del 27% nella settimana successiva all’attacco; nel settore trasporti Air France (-6%), British Airways IAG (-3%), Eurotunnels Group (-3%); nel settore turistico Accor (-4.7%), TUI (-4.2%), Thomas Cook (-4.8%), Hotelier Intercontinental Hotels Group (-1.2%) e, generalmente, il costo totale dell’attacco parigino alle compagnie europee turistiche e di trasporti è stimato da Stoxx Europe 600 Travel and Leisure Index in 2.6 miliardi di euro; nell’industria del lusso LVMH (-3%), Kering (-3%), Ferragamo (-4%); e per il settore immobiliare Klépierre (-1%). Il quadro si completa osservando che in Francia il settore turistico occupa circa il 7.5% del PIL e gli attacchi terroristici avvenuti nel 2015, nel paese, potrebbero causare una perdita stimata di 1.8 miliardi di euro, un danno che è compreso fra 800 milioni e 1 miliardo di euro se calcolato sull’intero settore turistico e dei trasporti europeo che ha un valore complessivo di circa 500 miliardi di euro.

Le strategie di contrasto

A questa strategia operativa e comunicativa di Daesh, rivolta verso strutture turistiche e in generale  viaggiatori, è necessario contrapporne un’altra, alla quale ITSTIME sta già lavorando, in grado di suggerire sia codici di comportamento in caso di necessità sia accorgimenti per gli operatori del settore al fine di ridurre i danni, anche economici, che gli attacchi possono causare al comparto turistico.

Da un lato, infatti, ci sono i viaggiatori che necessitano di essere informati circa i comportamenti più sicuri da adottare in riferimento alle proprie mete specifiche e in generale in caso di eventi critici durante il loro soggiorno. Dall’altro ci sono invece gli operatori del settore che, incorporando nel loro sistema specifici piani di gestione della crisi, devono contribuire alla costruzione di una strategia operativa e comunicativa che possa efficacemente fornire uno strumento alla gestione del rischio e contribuire a ricostruire la percezione di sicurezza dei viaggiatori in merito ad una specifica realtà.

A tal proposito, sin dopo gli attacchi dell’11 settembre, l’interesse di ricercatori ed esperti si è primariamente concentrato sulla predisposizione di appositi piani di gestione del rischio rivolti ai principali mezzi di trasporto utilizzati e alle compagnie che li gestiscono. In realtà, poco è stato fatto per elaborare una visione olistica che comprendesse sia attori privati sia istituzionali che, a ampio spettro, vengono coinvolti nelle attività legate al turismo. Quest’ottica può invece essere sviluppata e declinata attraverso l’elaborazione e l’utilizzo di uno specifico processo, sinora utilizzato solo per la gestione di crisi di tipo “naturale”: il crisis management.

L’applicazione delle regole del crisis management al turismo permette di ricomprendere gli attori, parimenti fondamentali per garantire la sicurezza dei turisti, che sono stati esclusi dalle strategie di gestione precedenti. Tali attori sono rappresentabili da tre macro-aree: 1) le Istituzioni, nazionali e internazionali, del Paese di provenienza del viaggiatore e quelle del Paese di destinazione, 2) i tour operator e tutti gli addetti del settore turistico, 3) e i viaggiatori stessi.

In un’ottica di crisis management quindi dapprima deve esistere un continuo e consistente scambio di informazioni tra Istituzioni, responsabili dell’analisi e della valutazione dei rischi legati al terrorismo, e i tour operator, gli addetti e i turisti stessi che devono avere a disposizione le informazioni necessarie per orientare le proprie azioni, sia in termini di investimenti e di formazioni specifica , per i tour operator e gli addetti, che in termini di scelta di destinazioni, per i turisti.

Il rapporto con le Istituzioni, in particolare quelle che intervengono in caso di attacco terroristico (servizi di informazione, forze di polizia, ecc.), è fondamentale anche nella gestione di un eventuale evento negativo. Il rapporto coltivato in fase di prevenzione è quanto mai prezioso nel caso di verifichi un attentato che vede coinvolti in prima battuta gli addetti e operatori presenti sul campo. Formazione specifica e sensibilizzazione al rischio sono infatti pratiche che devono essere necessariamente implementate nei confronti di tutti coloro che si trovano a lavorare nel mercato del turismo, specie per coloro che ricoprono una posizione di front line, che devono avere strumenti, cognitivi e operativi, in grado di supportare la gestione dell’evento.

Alle due fasi, la prevenzione e la gestione del rischio legato ad attacchi terroristici, presiede una consapevole comunicazione di tale rischio. Da un lato, in fase preventiva, permette la diffusione di informazioni rilevanti senza che queste abbiano l’effetto contrario di aumentare, a volte in maniera illogica e eccessiva, la percezione del rischio stesso, ma contribuendo a dare strumenti per orientare le azioni di professionisti del settore, per esempio guidandone gli investimenti nel breve e lungo periodo, riducendo dunque il rischio di perdite; e turisti, fornendo codici di comportamento appropriato. Dall’altra, una comunicazione sufficiente, completa ed esaustiva permette una migliore e più efficace gestione della situazione nel momento di un attacco, limitando le perdite in termini di vite umane e di danni economici, e fornendo uno strumento utile, in fase di recovery, per riabilitare la struttura e in più in generale la località colpita dall’attacco.

Il gruppo ITSTIME, attraverso la valutazione dei dati che costantemente vengono raccolti e delle buone pratiche disponibili, ha predisposto una task force, dedicata al monitoraggio e all’analisi di ciò che interessa il settore turistico in termini di sicurezza, allo scopo di porsi come intermediario tra le analisi di risk assessment e  la loro declinazione operativa per la gestione e la comunicazione di eventuali attacchi terroristici, fornendo un supporto a tour operator e addetti nella predisposizione di strategie specifiche.