Turchia, IS, rifugiati e 3.000.000.000 di Euro come mancia – by Marco Lombardi

I tre miliardi di euro dati ieri alla Turchia per gestire i flussi di persone diretti verso l’Europa sono un mucchio di soldi.Esperienze del genere sono già state fatte nel passato e l’Italia le ha sperimentate con l’Albania e con la Libia di Gheddafi: hanno sempre costituito dei “tappi” che hanno bloccato rifugiati e migranti nei paesi di transito, con buona pace delle modalità con cui questi blocchi sono stati realizzati. Ma soprattutto hanno sempre esposto i paesi pagatori al ricatto: poiché i flussi di persone sono e resteranno per il futuro ampi e poiché i “tappi” non risolvono il problema della mobilità nelle sue cause, la sospensione futura della lauta mancia causa, alla sua interruzione, un flusso rapido ed enorme di quanti erano stati fino allora fermati verso i paesi di destinazione. La Libia dovrebbe avere insegnato qualche cosa.

Il pagamento alla Turchia dimostra ancora una volta l’incapacità miope di affrontare la questione della mobilità delle persone da parte dell’Europa.

Nel caso specifico si aggiunge la contiguità della Turchia con IS, visto come baluardo sunnnita nel quadro espansionistico di Erdogan e ottima scusa per combattere militarmente il nemico numero 1: i curdi. Tralascio di proposito le considerazioni sui diritti umani e la libertà di stampa calpestati quotidianamente dal regione, se non per sostenere un’ Europa che è sempre meno Unita e sempre più Mercato.

Ancora una volta la situazione è molto più complessa e  la mancia al ricostituendo impero turcofono dimostra come manchi un articolato e condiviso approccio al futuro del Nuovo medio oriente, che tenga in gioco i nuovi attori emergenti e non sia legato agli interessi di singoli paesi (Germania) e vecchie alleanze (Nato).

Come raddrizzare la pericolosa deriva? Per esempio:

  • con uno strettissimo controllo dell’impiego del denaro, erogato secondo precise direttive indicate da EU, affinché non finisca a supportare interessi turchi e non europei;
  • partecipando con proprio personale nei campi profughi in Turchia, perché la legittimità del percorso del rifugiato venga valutata da organismi extra-nazionali;
  • insistendo per mettere a fine lo scandaloso traffico di petrolio proveniente dai giacimenti di IS;
  • richiedendo il rispetto dei diritti fondamentali condivisi dall’Europa.

Tre punti minimali che renderebbero più comprensibile agli europei, tuttora in crisi, le ragioni del favore economico fatto a Istanbul.