Attentato a Karak: il contesto critico giordano fra terrorismo e turismo – by Marco Maiolino

Il 18 dicembre scorso a Kerak in Giordania, un commando di miliziani pesantemente armati ha prima aperto il fuoco contro degli agenti di polizia locali e poi si è asserragliato nell’antico castello crociato della città giordana meridionale, oggi frequentata località turistica, dando luogo ad un prolungato scontro a fuoco con le forze di sicurezza. Nel castello sono stati rinvenuti diversi esplosivi, munizioni e armi da fuoco. L’attacco ha causato la morte di una cittadina ventinovenne canadese, tre cittadini giordani e cinque agenti di polizia.L’operazione terroristica non è ancora stata rivendicata, secondo il portavoce governativo Mohammad al-Momani gli attentatori potrebbero appartenere ad una delle milizie islamiste attive nella regione. Quello che sembra essere chiaro è che il commando sia approcciato a Karak dalla cittadina di Qatraneh situata nel deserto, a 30 km dalla località colpita. Qatraneh è conosciuta dalle autorità giordane come un centro nevralgico del contrabbando e una base operativa di comunità tribali pesantemente armate che rigettano l’autorità sovrana statale (che potrebbero essere responsabili dell’operazione descritta).

L’attentato di Karak presenta comunque diversi elementi di interesse:

  • La Giordania è un paese strategico all’interno del contesto medio orientale, è confinante con le realtà critiche siriana e irachena e la sua destabilizzazione risulterebbe essere molto pericolosa per l’equilibrio dell’intera regione.
  • La Giordania, che per il momento è riuscita a mantenere sotto controllo sia la minaccia legata alle ripercussioni della primavera araba che quella jihadista, fa parte della coalizione anti Daesh ed è già obiettivo programmatico del sedicente Califfato e di altre organizzazioni terroristiche islamiste. Nel paese, dallo scoppio del conflitto in Siria, si sono verificati diversi incidenti terroristici l’ultimo dei quali ha causato la morte di tre istruttori militari statunitensi all’entrata della base aerea di Prince Faisal il 4 novembre scorso.
  • Il contesto giordano risulta comunque essere particolarmente sensibile all’infiltrazione dell’ideologia jihadista: dal 2014 si riporta infatti che bandiere nere del sedicente Califfato sono apparse in diversi cortei anti governativi e che parte della popolazione giordana, quella più giovane, senza prospettive e che abita la povera regione meridionale del paese, abbia iniziato a sostenere il Daesh. Inoltre, il numero di foreign fighters partiti dalla Giordania per andare a combattere la jihad in Iraq e Siria supera le 2000 unità (fonti ufficiali).
  • L’attacco a Kerak e la targetizzazione del famoso castello confermano nuovamente il turismo come bersaglio sensibile del terrorismo, un obiettivo di cui si ha ormai consapevolezza e che necessita di essere meglio messo in sicurezza.