Costa Concordia: il vecchio da imparare – by Barbara Lucini

La nave fu una vera gioia: una grande, bella nave, fatta una trentina d’anni prima in un cantiere di Amburgo, con i camminamenti di legno, le cabine con gli oblò, un ristorante, una sala da ballo, un bar, una moschea e una chiesa; una nave insomma come usavano un tempo, una nave come una piccola città da esplorare, in cui camminare da cima a fondo, salire da un ponte a un altro, stare a un parapetto a guardare l’orizzonte o a cercare, fra i passeggeri, la faccia interessante di uno con cui si ha voglia di parlare.

[…] Evviva le navi! Con il loro ansimare, scuotere, sospirare; con il loro gioire delle carezze delle onde, con il loro godere nell’amplesso del mare, le navi sono a misura d’uomo. Teniamole in vita come una prova d’amore. Usiamole per far felici gli ultimi romantici. […] (da Un Indovino mi disse, T. Terzani, 1995)

Che il mondo ormai stia vivendo una crisi spaventosa, ben inteso non solo economica, è fuori discussione, anche se alcuni irriducibili sognatori si ostinano a proclamare la salute degli attuali sistemi sociali, economici e organizzativi. In questo periodo dove l’austerità, la stagnazione, la recessione pesano sui cittadini comuni, su quelli che in lingua inglese vengono definiti ordinary people, si aggiunge un altro evento che deve o meglio dovrebbe far riflettere attentamente sulla via che si è deciso di percorrere.

Al di là della questione mediatica del Costa Concordia, dei vari accostamenti al Titanic di un secolo fa restano alcuni rilevanti aspetti da porre in luce:

  • le antiche pratiche marinare come quella dell’inchino della quale tanto si parla sono sempre esistite sin da quando l’uomo ha iniziato ad andar per mare, ma quello che oggi non ci si sarebbe aspettato è che questi rituali marinari avessero ancora luogo con navi da crociera cariche di turisti e di una dimensione fuori dall’ordinario. La letteratura marinara (1800 – 1900) è piena di episodi simili, ma tale pratica veniva effettuata dal comandante di un mercantile adibito quindi al trasporto merci, non passeggeri. E questo è uno dei primi limiti che la modernità ci ha quasi imposto: la necessità di “dimenticare” alcune usanze tradizionali in nome di una democratica e garantita sicurezza di tutte le persone che prendono parte a eventi vari
  • altra cosa è la responsabilità amministrativa e penale per il Comandante e l’equipaggio nel caso di manovra errata o non autorizzata: si tratta sempre di decidere, possibilmente non coinvolgendo altre persone se si vuole percorrere la strada del rispetto di alcune norme comuni come quelle della navigazione oppure se si vogliono apportare modifiche personali, che nulla hanno a che fare con la posizione professionale che si ricopre
  • i costi di una crociera di quel tipo stanno diventando quasi irrisori per molte persone che solo un ventennio fa non avrebbero mai sognato di permettersi un lusso del genere, soprattutto su una nave di quel tipo: confrontando i prezzi con il medesimo livello di servizi offerti in altre parti del mondo si scopre però che forse tutte quelle offerte dovrebbero far pensare anche ai costi sostenuti per la formazione del personale e per l’adeguamento alle normative di sicurezza in ambito navale. Forse anche questo vecchio binomio sicurezza- costi dovrebbe essere analizzato per avere un quadro della situazione più completo
  • è evidente la mancanza totale dei principi e delle prassi di evacuazione in casi come quelli e della gestione della crisi verificatasi sulla nave: allarme dato in ritardo, poca comunicazione ai passeggeri, difficoltà di reperimento dei dispositivi di autoprotezione, assenza totale di coordinamento. La posizione del Comandante probabilmente sarà passibile di varie attenuati come il panico, shock, quello che però doveva essere previsto è la formazione e la preparazione di personale che non abbandoni la nave nel momento più critico e quando c’è maggiore bisogno di una figura di riferimento che assuma su di sé il coordinamento e la gestione della crisi che si è verificata
  • l’evacuazione ha rappresentato il sistema tipico italiano, che a volte funziona ma altre purtroppo no, dell’improvvisazione “alla si salvi chi può” con alcune azioni basilari che più che aiutare creano maggiore panico. Qui la mancanza è stata comunque duplice: sicuramente il personale di bordo non era preparato per un evento simile, ma allo stesso tempo anche i turisti, i passeggeri erano all’oscuro di alcuni comportamenti da tenere in casi di incidente navale. Questo è ben inserito in una logica molto democratica che tutti possono tutto, del “tanto a me non succede” o del semplice affidarsi ai nomi prestigiosi come garanzia di totale sicurezza e benessere
  • fa drammaticamente sorridere l’accostamento che i media propongono fra l’Ammiraglio e il Comandante, sicuramente due personalità diverse, due differenti professionisti con due concezioni del proprio lavoro opposte, agli estremi, che poco però aiuta per comprendere la tragica serie di mancanze che si sono verificate
  • infine il danno ambientale in una delle zone protette d’Italia: si spera che le operazione di recupero del carburante aiutati da esperti stranieri vadano a buon fine, altrimenti sarà un danno ecologico e ambientale di notevoli dimensioni

Ecco allora, che veramente c’è il vecchio da imparare: che ancora oggi le pratiche di gestione delle crisi ed emergenze si basano sull’assunto del “dopo”: “dopo” gli interventi sono stati coordinati via terra e le persone superstiti adeguatamente confortate, dopo si pensa alle conseguenze per le vite umane perse in modo così irragionevole, “dopo” si accerterà una verità che ogni giorno è sotto gli occhi di tutti: l’assenza di prevenzione e formazione.

Perché di certe cose ci hanno abituato e continuano a farlo, che è meglio non parlare, è meglio fare finta che vada tutto bene, che chi dice il contrario è chi vuole rovinare tutto, chi vede il bicchiere mezzo vuoto, il pessimista o il catastrofico del gruppo.

In realtà si tratta di cercare di conservare un po’ di dignità per noi stessi e per chi ci circonda, perché incidenti irragionevoli come quello del Costa Concordia non sono dignitosi né per chi li ha sfortunatamente vissuti e peggio ancora subìti, né per chi li osserva dalla costa o dalle montagne, comunque impotente di fronte a un simile scenario di distruzione.

Barbara Lucini