I Gilet Gialli e l’estremismo promiscuo – by Barbara Lucini

Il movimento dei Gilet Gialli con le sue manifestazioni settimanali del sabato ha dimostrato, almeno fino ad ora, di essere un esempio di rottura rispetto alla durata di altri movimenti.

Generalmente, basandosi sulla partecipazione di singoli cittadini e sulla loro volontarietà, le attività di questi movimenti sociali non hanno mai goduto di un’ampia durata, quanto piuttosto di una presenza specifiche per singole attività o eventi.

I gilet gialli invece proseguono, considerando che Sabato 30 Marzo è stata la 20° settimana di protesta.

Perdurano quindi le proteste e gli scontri anche molto violenti, che scuotono non solo la Francia intera, data la natura capillare e locale dell’iniziativa, ma anche il dibattito pubblico europeo: perché quello che sta avvenendo con i gilet gialli non è un’azione isolata, quanto la rappresentazione di un malcontento e di una rabbia sempre più diffusi,[1] che hanno trovato nelle piazze un luogo fisico, simbolico e talvolta violento dove esprimersi.

Il movimento nasce da una petizione avviata a Maggio del 2018 sul sito change.org, ma la sua diffusione e reattività la si deve alla promozione di una protesta per le strade delle città francesi via Facebook e prevista per il mese di Novembre 2018.

Il movimento e le sue dinamiche conflittuali attualizzano il dibattito europeo, circa la relazione fra i cittadini e le istituzioni, mettendo in risalto come i nuovi strumenti di comunicazione siano una potente arma comunicativa, soprattutto per gli effetti amplificatori e imitativi che questa produce.

Analizzando infatti lo sviluppo e l’effettiva escalation di tale movimento, si può affermare che nonostante la partenza pacifica delle prime forme di protesta, questa si sia rapidamente sviluppata in fenomeni e scontri violenti, colpendo i simboli francesi della memoria storica e dell’identità nazionale.

Un dato importante è che in occasione della manifestazione di Sabato 23 Marzo, il governo francese ha schierato polizia ed esercito dell’antiterrorismo, dimostrando che la percezione di una esplosione di violenza era consapevole e che oramai l’appartenenza ideologica al movimento per le sue cause fondative gioca un ruolo decisamente minore che nel passato dei grandi movimenti.

La motivazione, la spinta all’azione non si sostanzia quindi di una ideologia specifica e dai contorni precisi, nonostante la finalità delle attività rimanga comunque politica, sottolineando la natura teorica e l’accezione filosofica di tale prospettiva.

Alcuni aspetti peculiari sono degni di nota:

  1. i temi della protesta: il movimento è nato in modo spontaneo sulla base di una condivisa sensibilità nazionale rispetto agli aumenti dei carburanti e delle altre fonti di energie. Di settimana in settimana, i temi della motivazione sono sempre più aumentati fino a coprire altri aspetti della politica interna nazionale, arrivando a focalizzare la propria protesta verso l’attuale governo e il Presidente Macron.
  2. la composizione di questo movimento è di difficile comprensione: sebbene la maggior parte delle persone rappresentino le classi meno abbienti della società francese in opposizione alle élite, che appoggiano l’attuale governo.
  3. Ciò che appare vero è la sua caratteristica di trasversalità fra gli spazi socio-culturali sempre più vulnerabili e fragili delle società attuali
  4. la sua organizzazione appare liquida e mancante di confini, non essendosi costituito un leader formalmente riconosciuto
  5. le infiltrazioni di estrema destra di cui si è parlato in occasione del secondo Sabato di proteste non appaiono confermate, mentre risultano certe le presenze dei casseurs, che trasformano proteste pacifiche in guerriglie urbane
  6. la loro comunicazione, specialmente online, non è organizzata: esistono infatti un account Facebook ufficiale al quale però si aggiungono molteplici altre pagine Facebook create a supporto del movimento, ma non rappresentanti un luogo specifico, come invece avviene per gruppi estremisti come Pegida. Quindi anche la strategia comunicativa risulta frammentata e debole, senza per questo significare che non produca comunque dei risultati facilitando, nonostate tutto la diffusione dei loro messaggi.

Anzi proprio questa tipica porosità potrebbe garantire una rapida disseminazione e una maggiore attenzione fra persone simpatizzanti o sostenitrici.

In accordo a questi punti generali, alcune considerazioni sembrano essenziali per condurre future analisi ed approfondimenti:

  1. l’utilizzo dei social come strumento aggregativo è confermato, ma rimane invece negletto il valore aggiunto che avrebbe potuto avere per la governance dei processi sociali. Questo infatti avrebbe dovuto essere una efficace estensione dell’uso dei social combinando le funzioni comunicative e collaborative di tali strumenti con un ruolo attivo e propositivo della cittadinanza, dove le proteste se pacifiche possono realmente essere segno di cambiamento
  2. lo spostamento dallo spazio virtuale – online dove si creano questo tipo di movimenti- all’occupazione delle strade e delle città riporta l’attenzione alle “tradizionali” occupazioni territoriali e vivifica la memoria storica, soprattutto di un passato francese ricco di proteste, rivoluzioni e movimenti urbani: non dimentichiamo per esempio le rivolte e gli scontri avvenuti nelle banlieu parigine nel 2005
  3. la drammatica somiglianza con altre forme di estremismo attuale, come l’azione violenta di Tarrant in Nuova Zelanda o di Gökmen Tanis a Utrecht, così come il bus in provincia di Milano, per quanto riguarda:
  • la labile e instabile appartenenza ideologica, che trascende le convinzioni culturali forti dei decenni passati
  • sistemi comunicativi sia online sia offline, che ripercorrono lo stesso percorso frastagliato e frammentanto dell’organizzazione stessa del movimento, dei gruppi o delle singole persone
  • la tensione verso la conservazione degli attuali modelli interpretativi, nonostante il rapido cambiamento delle minacce estremiste sempre più promiscue nelle loro motivazioni e dinamiche.
  • Questi ultimi sono tre driver di lettura nuovi, che dovranno accompagnare le future letture dei cambiamenti sociali in corso e soprattutto della promiscuità, che sembra sempre più caratterizzare nuove forme di polarizzazione ed estremismo.

[1] Edwy Plenel, Capire la rabbia, Internazionale, 22/28 Marzo 2019