Lone Wolves e Jihad dei Coltelli: la strategia operativa della Stealth Intifada – by Marco Maiolino

Alle 5 di mattina dell’11 maggio 2016 un ventisettenne tedesco, carpentiere disoccupato, ha accoltellato a morte un uomo e ferito altri tre, urlando ‘Allahu Akbar’, alla stazione ferroviaria di Grafing, una cittadina a circa 20 chilometri da Monaco di Baviera. Le forze di polizia tedesche non hanno rinvenuto particolari legami dell’uomo con il terrorismo islamista internazionale e hanno definito l’attentatore come mentalmente disturbato.

Lo scorso 14 giugno Larossi Abballa, cittadino francese venticinquenne originario di Mureaux,  ha inferto nove pugnalate a Jean-Baptiste Salvint vice-comandante della polizia giudiziaria nel dipartimento francese delle Yvelines, causandone la morte. L’omicida si è poi barricato in casa della vittima, uccidendo anche la moglie. Abballa aveva legami col jihadismo internazionale e specialmente con la filiera afgano-pakistana.

Ancora, la notte del 13 giugno scorso un cittadino francese, ventiduenne ed originario di Lunnel, è stato arrestato dalla GDIS francese a Carcassonne con l’accusa di pianificazione di attacchi terroristici contro le forze dell’ordine e turisti americani e russi. L’uomo era armato di coltello e martello, si era convertito all’Islam nel 2014 ed era affetto da gravi disturbi psichiatrici.

Questi tre episodi possono essere ricondotti al modus operandi dei lone wolves, termine spesso abusato a livello mediatico e definito dall’NSCITF come: “The deliberate creation and exploitation of fear through violence or threat of violence committed by a single actor who pursues political change linked to a formulated ideology, whether his own or that of a larger organization, and who does not receive orders, direction, or material support from outside sources”.

Nei tre casi citati emerge un elemento di particolare rilevanza ovvero, l’improvviso assalto perpetrato tramite l’utilizzo di armi da taglio e altri oggetti contundenti.

Tale particolare trova una peculiare similitudine nella strategia operativa messa in atto dai giovani palestinesi contro le autorità ed i cittadini israeliani, l’Intifada dei coltelli (stealth Intifada).

L’Intifada dei coltelli è definita da Hirsh Goodman dell’Institute for National Security Studies (INSS) come “a new Palestinian uprising, one with no suicide bombers and explosives; no direct orders; no clear demands; a stealthy uprising because it brings the shadow of terror, death, and fear to every corner of the country in the most unexpected and unpredictable ways, starting in Jerusalem, then to other cities, and the West Bank […] an insidious wave of seemingly un-orchestrated attacks, perpetrated by unlikely assailants, and generally untraceable to any particular organization. They were also characterized by brutality, viciousness and randomness, and the purposeful use of the knife”.

Recentemente le agenzie di intelligence di mezzo mondo hanno sottolineato l’imminenza e la gravità della minaccia rappresentata da una futura maggiore spettacolarizzazione degli attacchi perpetrati dal Daesh ma, se prendiamo in analisi il modus operandi delineato in precedenza, la possibilità di una sorta di lone wolves’ stealth intifada potrebbe rappresentare una minaccia di eguale portata, se non maggiore e questo per diverse ragioni:

  • L’attacco può essere potenzialmente lanciato da centinai di individui (lupi solitari) auto radicalizzati, che non necessitano e non hanno ricevuto un addestramento specifico, e non rispondono a nessun genere di catena di comando/controllo.
  • L’operazione può essere perpetrata mediante l’utilizzo di diverse tipologie di arma: coltelli, altri oggetti contundenti, automobili lanciate in velocità contro una folla di passanti etc. Tutti armamenti legali, facilmente reperibili e che non necessitano di addestramento specifico alcuno per l’utilizzo.
  • L’atto terroristico può essere compiuto in ogni luogo e in ogni momento, in questo caso la fase preparatoria dell’attentato, la più critica e sensibile all’intercettazione da parte delle forze dell’ordine, è totalmente inesistente. Il gesto risulta essere sostanzialmente individuale, istantaneo e diretto a random target non specificati.
  • Ma il fondamentale vantaggio della tipologia di attentato discussa è l’evasione del principale mezzo di prevenzione di un attentato terroristico, l’intelligence. Il principale ostacolo al lavoro di prevenzione svolto dalle agenzie di sicurezza è la mancanza di “early warning”, ossia quella serie di avvertimenti iniziali che rendono il comportamento e l’attività individuale sospetta e che attirano l’attenzione delle agenzie permettendo l’efficace monitoraggio preventivo del sospettato.

Anche a livello propagandistico la lone wolves’ stealth  Intifada risulta essere una strategia vantaggiosa. Da una parte permette la diffusione del terrore tramite la rapida appropriazione e lo sfruttamento del gesto da parte dell’apparato mediatico terrorista, senza il bisogno né della reale paternità dell’attacco, né della materiale affiliazione dell’attentatore con l’organizzazione. Dall’altra parte, viene autonomamente assolta e potenziata anche la cruciale funzione propagandistica volta al reclutamento: i video dell’attentatore postati sui social e trasmessi dai media diventano virali e innescano, come anche dimostrato dal caso palestinese, un pericoloso ed efficace processo di emulazione della figura dell’attentatore (idealizzato come eroe) e del gesto estremo da esso portato a compimento (gesto eroico), potenzialmente moltiplicando la minaccia in maniera esponenziale.

Anche se la strategia operativa descritta non sembra, al momento, aver ben attecchito sul territorio europeo, l’intifada dei coltelli rimane uno scenario che necessita della massima attenzione.