Nuovi allarmi bomba nelle scuole francesi, a tre anni di distanza dalla decapitazione di Samuel Paty, il professore che il 16 ottobre 2020 venne ucciso da Abdoullakh Abouyezidovich Anzorov, diciottenne ceceno rifugiato in Francia, dopo una campagna online contro il docente, colpevole di aver mostrato alcune vignette di Charlie Hebdo ritraenti il profeta Muhammad.
Venerdì scorso un altro professore francese, Dominique Bernand, è stato ucciso e proprio la scuola in cui insegnava Bernand, è tra gli istituti che sono stati evacuati a seguito dell’innalzarsi dell’allerta. L’aggressore è Mohammed Mogouchkov, un ex allievo della scuola di origini cecene, fermato col fratello dopo l’attacco, avvenuto nel cortile dell’edificio al grido di Allahu Akbar.
Dall’inizio del nuovo anno scolastico le autorità francesi hanno registrato 168 minacce di bombe contro le scuole. Adesso siamo in una nuova fase, e c’è da aspettarsi un’impennata di questi numeri a seguito dell’attacco di Hamas a Israele e del protrarsi del conflitto a Gaza.
Nella serata di lunedì 16 a Bruxelles, inoltre, due cittadini svedesi sono stati uccisi a colpi di fucile mentre si giocava Belgio-Svezia per la qualificazione ai campionati europei di calcio 2024, partita che dopo la notizia dell’attacco è stata interrotta e annullata. Nelle prime ore della mattina seguente la polizia della capitale belga ha dichiarato di aver sparato ad un uomo sospettato dell’attacco. Si tratta di un tunisino illegalmente residente nel Paese che avrebbe postato un video di rivendicazione sui social nel quale dichiarava di ispirarsi allo Stato islamico.
Questo tipo di attacchi, che con tutta probabilità non si sono esauriti a Bruxelles, ha ricevuto una spinta propulsiva inedita dalla serie di operazioni di Hamas in territorio israeliano e dalla successiva reazione di Israele su Gaza.
Proprio come lo Stato Islamico al suo apogeo, Hamas ha oggi fornito a centinaia di individui radicali e in via di radicalizzazione una nuova utopia possibile.
Daesh era stato in grado di fare presa sull’immaginario collettivo grazie, tra le altre cose, alla sua abilità nel mostrare che l’ideale del Califfato poteva essere realizzato concretamente.
Oggi Hamas ha fatto lo stesso: colpire Israele con quella ferocia è stato possibile.
Dopo la sconfitta pressoché totale di Daesh, radicali più o meno improvvisati in tutto il mondo erano particolarmente affamati di gesti simbolici, di imprese leggendarie, e Hamas ha dato loro in pasto proprio ciò che più bramavano: non solo un attacco al cuore di Israele, ma una impresa dai tratti inediti.
I video in soggettiva delle azioni in territorio israeliano sono un colpo da maestro dal punto di vista comunicativo.
L’arrivo di questi giovani sulle moto, con l’indice al cielo e l’incessante takbir, che al tempo stesso si chiamano coi nomi propri e si esortano a procedere ancora qualche chilometro, mostra un connubio magistrale di eroismo e identificazione che ricorda da vicino la comunicazione dello Stato Islamico, in grado di essere efficace tra esecuzioni dei prigionieri e amorevole cura dei gatti randagi.
Il repertorio stilistico è molto simile, ma le conseguenze sui livelli di radicalizzazione dei singoli potrebbero essere addirittura più profonde.
L’attacco a Israele ha provocato ferite al Nemico per eccellenza, che porta su di sé tanto l’essenza del Nemico Vicino (al-‘adu al-qarib), perché Stato confinante e potenza occupante, quanto del Nemico Lontano (al-‘adu al ba’id), perché completamente altro dal punto di vista culturale e religioso.
Hamas, che ovviamente è cresciuto in termini di competenze tattiche e letalità, appare assai piò minaccioso anche dal punto di vista simbolico, punto di vista veicolato proprio dalla soggettiva delle bodycam che violano le case israeliane coi panni stesi e camminano nei parchi giochi dei kibbutz alla ricerca di nuove vittime e ostaggi.
L’appeal di questi eventi su potenziali nuovi radicali violenti in Occidente risulta quindi potentissimo proprio perché si muove su un doppio binario: quello macro, con l’attacco al grande nemico della Umma in una sorta di vendetta palingenetica, e quello micro, con l’irruzione nella vita dell’altro e la violenza nelle case e al di qua di cancelli e mura.