Estrema Destra, Dresda e l’emergenza nazismo – by Barbara Lucini

La scorsa settimana a Dresda – capitale del Laender Sassonia, il consiglio comunale della città ha votato con 39 voti a favore e 29 contrari una mozione per dichiarare lo stato di emergenza per la situazione relativa all’estremismo nazista. Come di consuetudine negli ultimi due anni, la cacofonia mediatica e il silenzio sulla notizia si sono alternati, dimostrando comunque di mancare il focus su alcune questioni fondamentali:

  1. localmente Dresda è la città dove nel 2014 è stato fondato il movimento Pegida, rappresentante di sentimenti di intolleranza verso la comunità islamica e gli immigrati in generale. Il dato non è irrilevante, anche perché ogni Lunedì sera alle 18.00 si svolge una marcia organizzata proprio da questa organizzazione socio – politica. Mancando anche i soliti clichè, che vedono nei più giovani gli estremisti più efferati, le analisi condotte sulla partecipazione a questi eventi e sull’adesione al movimento, indicano che i profili sono pel lo più mediamente rappresentati da persone sui 45-50 anni, uomini e con livello di istruzione medio. Dresda rimane comunque un luogo storicamente degno di significato, pensando alla sua distruzione durante la seconda guerra mondiale o alla sua appartenenza alla DDR nell’immediato post guerra. Segni e simboli territoriali, che marcano e orientano appartenenze sociali e comportamenti collettivi. 
  2. a livello federale, in Germania sono in atto profondi cambiamenti socio – culturali e politici, che vengono poco sottolineati dalla stampa internazionale, se non concentrandosi sul mantenimento e conferma di pregiudizi e stereotipi storici. E’ innegabile per esempio che le ultime elezioni in alcuni Laeder e comuni abbiano visto una vittoria dei partiti come Alternative fuer Deutschland, che dovrebbe essere compresa alla luce del contesto socio – geografico e culturale dell’area interessata, ponendo in evidenza i fattori sociali che hanno prodotto questo fenomeno politico – culturale. L’estremizzazione dei rapporti sociale e quelli con i rappresentanti istituzionali è diventata un tema nazionale, sebbene la stampa tedesca mantenga una linea di basso profilo nel trattare questi argomenti
  3. misconoscere che il fenomeno non esista, sublimandolo a puro atto simbolico e confinato a tale Lander, significa non comprendere la portata di tali eventi sociali, i fattori propulsori e i potenziali effetti nel medio – lungo periodo. Peraltro un elemento di potenziale impulso è già presente, quale l’instabilità sociale in Germania, riconducendolo di volta in volta allo spettro della recessione o a quello delle sempre più nette disuguaglianze sociali
  4. la mozione presentata e votata in consiglio comunale è stata proposta e sostenuta dal partito Die Partei fondato da Martin Sonneborn e Thomas Hintner, redattori della rivista satirica tedesca Titanic. La lingua tedesca presenta tale atto come Nazinotstand – emergenza nazismo, lasciando però aperte sfumature cognitive importanti, fra chi attribuisce tale connotazione alla dichiarazione di uno stato di emergenza e chi invece sottolinea l’urgenza di risposta a un fenomeno sociale, percepito come sempre più incalzante. Anche a livello lessicale, la mozione è stata critica, in particolare dai rappresentanti della CDU, che sostenevano la scelta della parola notstand – emergenza, come quella più corretta per definire la situazione corrente. Ecco quindi che l’importanza delle parole, come già sottolineato[1] torna in tutta la sua forza.

Quello che è certo è che la comunicazione della minaccia, non ha seguito le vie tradizionali per la gestione di una vera e propria emergenza, sottolineando però la pressione temporale di tali eventi e quindi andando a creare un gap interpretativo, con probabili importanti ricadute.

E’ certo che una più precisa delimitazione dell’applicazione di questa mozione si avrà nelle prossime settimane e sarà ancora più interessante, comprendere se questo primo atto verrà emulato e in che modo in altre città tedesche o europee.  

Le due cartine sottostanti – una rappresentante l’areaì della ex DDR e quella più attuale dei livelli di soddisfazione della popolazione[2]– sottolineano come i fenomeni estremisti siano prodotti socio – culturali radicati nelle aree di loro sviluppo e poi diffusi in ambienti altri, come per esempio le comunità virtuali, dove però le dinamiche di funzionamento, comunicazione ed espressione non sempre si sovrappongono alla realtà.

Dalla lettura geografica, si nota che da sempre quella zona e la città di Dresda sia un territorio in fermento per alcune sue caratteristiche storiche, politiche, sociali, di produzione industriale e di porosità dei suoi confini.

La geografia, la territorialità e i suoi aspetti culturali ci informano quindi dei rischi nascenti, di quelli presenti e delle loro caratteristiche.      

                                               

Infine, la direzione che gli studi già in atto come quello tempo fa presentato da Itstime[3] e relativo alla conduzione di Etnografie Politiche o Estremo- grafie, dimostrano la necessità di unire in accordo ad u contesto specifico, gli elementi culturali di radicalizzazione, estremismo e le loro espressioni comunicative e fattuali.

Le caratteristiche territoriali e la memoria storica di un contesto eco-sociale determinano quindi le possibilità di diffusione di comportamento estremi e la loro fluidità depolarizzata[4] , nonché le molteplicità di interpretazioni che un’emergenza possiede a seconda di chi la osserva.

[1] https://www.itstime.it/w/terrorismo-o-non-terrorismo-la-duplice-definizione-dello-stesso-fenomeno-barbara-lucini/;

https://www.itstime.it/w/terrorismo-crimini-dodio-estremismo-o-by-barbara-lucini/

[2] https://ourworldindata.org/there-is-a-happiness-gap-between-east-and-west-germany

[3] https://www.itstime.it/w/nuove-ricerche-etnografie-dellestremismo-politico-ethnographies-of-political-extremisms-by-barbara-lucini/

[4] Daveed Gartenstein-Ross & Madeleine Blackman (2019), Fluidity of the Fringes: Prior Extremist Involvement as a Radicalization Pathway, Studies in Conflict &Terrorism, DOI: 10.1080/1057610X.2018.1531545