Finanziare uno stato terroristico: uno sguardo all’interno della gestione del portafoglio di IS – by Marco Maiolino

Quali sono le fonti di finanziamento di Daesh, su quali canali transitano tali fondi e come vengono spese tali risorse? Quando si analizza IS, per via della sua estrema flessibilità e imprevedibilità, una risposta definitiva non può essere fornita ma, si cercherà di presentare un quadro complessivo, generale, che possa essere di aiuto in termini di comprensione ed analisi.

IS è sotto sanzioni da parte delle Nazioni Unite (Al Qaeda sanctions list) e bisogna premettere alcune informazioni fondamentali, prima di discutere la sua strategia di finanziamento. L’elemento di legittimazione di sé come lo stato islamico, pregnante nella generale strategia del califfato, è confermato anche nella creazione e gestione dei sui finanziamenti. Daesh cerca di creare, operare e mantenere un “sistema-stato” ossia un sistema complesso e non una mera organizzazione terroristica; Al Qaeda ci aveva abituato ad una organizzazione fondata, per la gran parte, sulle donazioni elargite da ricchi finanziatori, IS è diametralmente l’opposto, le donazioni sono solo una minima parte di un capitale che è creato nei territori controllati in Iraq e Siria; i finanziamenti del califfato dipendono dalla disponibilità di risorse e dai progressi ottenuti dalla coalizione nel depauperarle; è curioso come le teorie di Markowitz non siano nuove ad IS, specialmente in relazione alla diversificazione del portafoglio per limitare il rischio finanziario.

Secondo le più aggiornate pubblicazioni in materia, le fonti di finanziamento di Daesh sembrano essere sostanzialmente cinque, in ordine di importanza:

  1. Sfruttamento dei territori conquistati: i proventi illeciti ottenuti dallo sfruttamento delle risorse presenti nei territori occupati sono composti da assets monetari (denaro) e non-monetari (popolazione, banche, risorse naturali, produzione agricola e siti archeologici). Tali proventi si materializzano come segue:
  • saccheggio delle filiali bancarie, pubbliche e private, mediante esproprio dei depositi, tassazione delle transazioni e rapine; estorsioni e tassazioni di parte delle risorse economiche della popolazione locale e del territorio, in cambio di servizi sociali e di protezione e possibilità di continuare l’attività economica; traffico di uomini (donne e bambini)
  • controllo delle infrastrutture di estrazione, lavorazione e distribuzione delle risorse naturali, gas e petrolio, che vengono mantenute operative sfruttando gli assets e il capitale umano presenti, in aggiunta alla creazione di nuove infrastrutture (es. oleodotti, raffinerie, gasdotti) e il reclutamento di expertise dall’esterno, e le cui risorse vengono commerciate in largo sconto
  • controllo delle risorse agricole territoriali, dei campi, dei mezzi di produzione, stoccaggio e distribuzione, così da poter potenzialmente impostare il prezzo di mercato e cercando di integrare i raccolti rubati all’interno dei circuiti commerciali legali già esistenti a livello locale e regionale
  • controllo di strutture di estrazione e produzione di ulteriori risorse, come per esempio le miniere di fosfato nell’ Al-Anbar, i cementifici nell’area di Raqqa, Al Falluja e Al-Qaim, gli impianti di estrazione di zolfo nel governatorato di Nineveh e la grossa miniera di sale di Al-Tabani
  • commercio illegale di artefatti culturali
  • tassazione del transito di beni e denaro nei territori controllati un esempio sono i 200 dollari di pedaggio imposti nel nord dell’Iraq e gli 800 dollari sui carichi in entrata richiesti lungo il confine siriano e giordano
  • tassazione sugli stipendi ricevuti dagli impiegati statali Iraqeni (fino al 50%)
  1. Rapimenti e richiesta di riscatto: dei prigionieri che non vengono sfruttati politicamente e propagandisticamente (ovvero trucidati), una attività che ha reso fra 20 e i 45 milioni di dollari nel 2014 (le stime sono indicative)
  2. Donazioni: sia dirette che indirette mediante l’uso di fondazioni e organizzazioni no-profit come canali per il trasferimento di fondi. Finanziamenti provenienti da alcuni paesi del Golfo non sono un segreto
  3. Supporto fornito dai foreign fighters: che rimane più materiale in termini di “mano d’opera” che finanziario
  4. Crowdfunding: tale strategia si avvale dell’utilizzo di piattaforme di comunicazione e social, e del loro potenziale “virale”, per accumulare fondi. Tali strategie sono messe in atto, specialmente, dai centri di comunicazione (es. Al Hayat) dello stato islamico

Tali risorse e finanziamenti possono poi essere fatti circolare su diversi canali: le istituzioni finanziare, e il riferimento è nuovamente alle filiali bancarie sotto il controllo di IS, dalle quali si potrebbe potenzialmente avere accesso al sistema finanziario internazionale, attraverso le relazioni con istituti esteri. Bisogna sottolineare che, in tale contesto, la banca centrale iraqena ha adottato importanti misure per limitare l’accesso del califfato al circuito finanziario internazionale, mentre in Siria il rischio rimane più elevato;

altri canali di potenziale sfruttamento, risultano essere i Servizi di Trasferimento di Denaro e Valori (MVTS), mediante compagnie che offrono tali servizi in Iraq e Siria, anche nei territori dove IS opera, che spesso sono deregolamentate e permetto lo sviluppo alternativo di transazioni con controparti locali o internazionali; e il contrabbando, appoggiandosi ad una vasta e complessa rete di corrieri clandestini, che potrebbero anche facilitare la non chiara transizione delle risorse fra il mercato nero e quello bianco (legale e regolamentato).

Bisogna, in conclusione, sottolineare che per Daesh la gestione delle entrate risulta essere fondamentale, in prospettiva di sostenere le varie uscite a cui deve far fronte. Oltre all’acquisto di armamenti ed equipaggiamento e il costo delle operazioni militari, la creazione di uno stato islamico comporta anche l’amministrazione di quest’ultimo, generando le consecutive spese, tra le quali: la garanzia di servizi sociali e di sicurezza, la soddisfazione dei bisogni primari (acqua, cibo, elettricità ecc) della popolazione, il pagamento dei miliziani, gli “stipendi” dei sui membri (amministratori e non, specialmente quelli qualificati), i fondi per comprare il supporto o il consenso della popolazione e di personalità influenti nei territori controllati o la gestione delle infrastrutture controllate, pre-esistenti o costruite. Questa ulteriore vulnerabilità e l’identificazione delle fonti e dei canali di finanziamento possono essere un strumento estremamente utile in prospettiva di pianificazione di una efficace strategia di contrasto ed interruzione dei flussi finanziari di IS. È necessario comunque ribadire che IS come sistema complesso necessità di una strategia di contrasto/annientamento nella quale i finanziamenti sono solo uno degli elementi sui quali è necessario intervenire (es. intervento militare, politico/diplomatico, comunicativo ecc).