Attacco al Reina Club di Istanbul: il primo video di rivendicazione? – by Alessandro Burato

E’ di ieri il primo video che può essere di rivendicazione dell’attacco al Reina Club di Istanbul postato online e per lo più passato inosservato al pubblico internazionale. Forse si era in attesa del classico video di Amaq con il terrorista che si filma prima dell’attacco, cosa peraltro già diffusa ma senza alcun logo e riferimento temporale per poterlo “spendere” come rivendicazione, o di un video di una casa mediatica che fa riferimento ad un wilayat importante. Ma tanto è complessa, multiforme e intricata la posizione della Turchia nei confronti del tema sicurezza, specie in relazione al terrorismo, tanto lo è la propaganda del Daesh nell’appropriarsi dell’attacco del 31 dicembre.

Il video, intitolato in arabo e inglese “Solo ora la verità è apparsa”, è lo sfogo dell’ostilità ostentata ma fino ad ora mai rivendicata a seguito di un attacco nei confronti della Turchia e in particolare nei confronti degli interventi militari turchi, di accordo con Russia e Iran.

Il filmato cerca di mettere insieme le rivendicazioni non fatte, mostrando notizie del 28 giugno 2016, giorno dell’attacco all’aeroporto di Ataturk e poi presentando la classica schermata delle rivendicazioni, datata 31/12/2016, dove non compare alcun elogio al combattente che ha portato a termine l’operazione ma la motivazione che avrebbe portato all’attacco, ovvero il bombardamento della città di al Bab.

Questi passaggi sono inframmezzati da altri filmati, come alcune parti del discorso di Abu Aded, emiro di Aleppo, nel quale fornisce le motivazioni della caduta di Aleppo identificandole nella decisione di aver arruolato “elementi criminali” senza riguardo nei confronti della loro educazione e religione, ma anche parti del discorso di Abu Mohammad al-Julani, leader di Jabhat al-Nusra, quando annuncia di volersi staccare da al-Qaeda e di voler fondare una nuovo gruppo ribattezzato Jabhat Fatah al-Sham. Non mancano ovviamente Erdogan e Putin.

La complessità della comunicazione a seguito dell’attacco è data dalla presenza di aspetti di consonanza ma anche di singolarità che fanno dell’attentato al Reina Club un evento particolarmente significativo.

Molto si è enfatizzata l’espressione “serva della croce”, in riferimento alla Turchia e alla sua politica, utilizzata nel video come anche nella prima rivendicazione dell’attacco ma che non è nuova come epiteto riferito alla nazione guidata da Erdogan: il video “shield of the cross” del 23 dicembre è semanticamente affine al contenuto di quelle parole sin dal titolo.

L’attacco è in linea anche con tutta la propaganda diffusa su Rumyah, sia nella parte comune a tutte le edizioni nelle diverse lingue sia in particolare nei diversi numeri redatti in lingua turca. Anche l’appartenenza al gruppo etnico uiguro di Iakhe Mashrapov, al momento identificato come l’attentatore del Reina Club, fa il paio con la decisione intrapresa dal Daesh di implementare il numero di lingue al servizio della propaganda, predisponendo un’edizione del magazine proprio in lingua uigura.

Diversi sono però anche gli aspetti dissonanti che identificano questo attacco come unico per come la comunicazione lo sta trattando. Partiamo dalla rivendicazione che, nonostante sia stata riferita ad Amaq non porta il suo logo ma la rappresentazione grafica della scritta “Al dawlah Al-islamiyyah” ossia stato islamico, sebbene la solita grafica con il logo dell’agenzia stampa del Daesh continui ad essere utilizzata per riferire di attacchi in Siraq, come anche in territori occidentali (l’attacco di Amri a Berlino), nei quali però si sono già verificati attacchi rivendicati dal Daesh, come in Germania.

Da notare anche che non è una casa mediatica specifica di una provincia del Daesh quella che diffonde il video ma Asawirtimedia, una collegata al califfato.

Se ancora è presto per poter avere tutti i dettagli dell’attacco visto anche che la caccia all’uomo, che forse ha già passato il confine con la Siria, è ancora aperta, è ancora più prematuro poter mettere la parola fine alla produzione mediatica del califfato sul primo attacco rivendicato in suolo turco ma le premesse sono più che interessanti.