COVID-19: lo Stato Islamico rilancia. Propaganda e minacce ai tempi dell’infodemic -by Daniele Plebani

We’re not just fighting an epidemic; we’re fighting an infodemic. Fake news spreads faster and more easily than this virus, and is just as dangerous.  – Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS[1]  [The] fear of the epidemic among them has done more than what the epidemic itself has done– al-Naba 226[2]

Stato Islamico (IS) diffonde nuove minacce contro i suoi nemici, già impegnati nella lotta contro il COVID-19, affidandole al suo settimanale ufficiale al-Naba. L’atteggiamento prettamente “difensivo” adottato sinora dal gruppo sull’argomento si tramuta in questo numero in una propaganda fortemente opportunistica. L’articolo “I peggiori incubi dei Crociati” ben esemplifica la sapiente capacità comunicativa di IS, vestendo alcuni temi tradizionali della sua propaganda con sfumature più adatte alla situazione attuale. In particolare:

  • Il virus sarebbe una punizione del cielo e avrebbe colpito soprattutto gli infedeli, indeboliti all’interno e all’esterno;
  • Il vero sostenitore non deve avere pietà o rimorso per i nemici, rei al contrario di gravi crimini;
  • L’unico modo per scampare al male è obbedire al cielo e in particolare intraprendere il jihad correttamente inteso”.

La retorica di IS divide l’articolo in due sezioni: la prima è dedicata a una panoramica dai toni “pre-apocalittici” e alle occasioni per i sostenitori; la seconda guarda ai loro doveri in ritorsione per i crimini dei nemici. Per quanto riguarda il primo punto, in letture precedenti si era già prospettato che IS avrebbe sfruttato i risvolti propagandistici della diffusione del virus in determinati Paesi, così come le opportunità che la paura e i fallout socioeconomici e politici avrebbero offerto a gruppi terroristici. Nell’articolo grande importanza viene infatti riservata:

  • Alle ricadute economiche, dovute alla “chiusura di mercati e attività, abitazioni”;
  • Ai pericoli politici, in particolare “la paura che altri avversari sfruttino la situazione critica” (probabile sagace riferimento alla infowar e alle tensioni internazionali in atto);
  • Alle derive nella società, riferendosi a presunti tumulti da parte delle fasce più povere della popolazione dovuti a un eventuale rincaro di prodotti di prima necessità, “come spesso accade in questi Paesi in casi di disastro climatico o politico o sociale”.

Vi è poi una lettura sulla sicurezza: la prima preoccupazione di questi Paesi non sarebbe il virus ma i possibili attacchi di IS sia in patria che all’estero. Il gruppo riporta come l’impiego di forze ingenti anche militari per contenere il virus abbia sostanzialmente assottigliato le risorse umane ed economiche per i contingenti all’estero e che quindi questo potrebbe essere un momento propizio per attaccarne le forze, “parzialmente bloccate per timore di ulteriori contagi”: suggerimento forse ispirato dal ridispiegamento di risorse e parziale cessazione di attività addestrative in alcuni quadranti di interesse[3]. Si spinge poi ancora oltre, sostenendo come “l’ultima cosa che [questi Paesi] vogliono oggi in questo loro periodo critico è che coincida con la preparazione dei soldati del Califfato per nuovi attacchi contro di loro, simili a quelli di Parigi, Brussels e altri luoghi”.

Pare quindi evidente che IS legga attentamente le nostre reazioni e le abbia studiate allo scopo di toccare le paure profonde della società in cui viviamo, rievocando anche lo spettro di attacchi passati e contando sul rilancio esponenziale da parte dei media. Il secondo punto parte proprio da questa panoramica e invita i sostenitori a non impietosirsi né dimenticare i presunti crimini commessi contro IS. La retorica passa quindi a raccontare come molti sostenitori siano nelle prigioni e nei campi di raccolta “dove sono morti molti bambini e donne e anziani per il freddo, la fame, la malattia e le violenze”; oppure ribaltando le sconfitte a Baghouz (Siria), Mosul (Iraq settentrionale) e Sirte (Libia) dove i nemici avrebbero sfruttato la debolezza degli accoliti IS per vincere; ancora, altri territori vengono citati come il Khorasan (dove IS ha subito ingenti perdite), Central Africa e Somalia (“province” sempre più legate e di crescente importanza in seno alla propaganda IS).

L’invito sembra quindi quello di approfittare della situazione attuale: i doveri del sostenitore IS quindi non sono più unicamente proteggersi dal virus ma anche di liberare i prigionieri nelle carceri e nei campi, mantenere la pressione sui nemici, ricordare che il jihad correttamente inteso sarebbe il modo migliore per salvarsi. I modi sono molti e diversi ma IS non sembra ancora al punto di voler lanciare ordini operativi diretti quanto piuttosto innalzare il morale e spronare a progettare nuovi attacchi, creando uno stato di tensione aggiuntivo in attesa di attentati veri e propri[4]. A questo riguardo, il COVID-19 e le azioni in atto per contenerlo hanno mutato il “campo di battaglia” delle nostre città: in questi momenti di lotta al virus i luoghi affollati non saranno più soprattutto le stazioni e gli aeroporti, le piazze o i mercati ma le strutture ospedaliere, i centri commerciali, tutti quei “colli di bottiglia” dove vi possono essere assembramenti o che costituiscono un punto nevralgico del territorio e che diventeranno sempre più vulnerabili con il probabile stringersi delle misure di containment, se correttamente attuate[5]. Anche le supply chain dovranno essere attentamente monitorate per evitare attacchi sia tradizionali che di modalità bioterror. Infine, non bisogna dimenticare l’aspetto mediatico degli attacchi e prevedere quindi protocolli di difesa da fake news e manipolazioni delle informazioni allo scopo di evitare l’infodemic già citata dall’OMS. Adottare misure di sicurezza che prevedano questi scenari in modo olistico sembrerebbe quindi prudente, se non inevitabile. A questo proposito è opportuno rilevare come la copertina dell’articolo “I peggiori incubi dei Crociati” ritragga dei militari italiani durante un controllo: il riferimento all’Italia potrebbe essere dovuto alla situazione particolare nel quale è calata in questo momento e all’ampia copertura mediatica dedicata dalla stampa internazionale(la foto in questione compare in più di tre miliardi di risultati tramite ricerca su taluni motori di ricerca), fermo restando che il Paese costituisce obiettivo di importanza rilevante per IS e altre formazioni estremiste.

Infine, si riporta come IS stia correndo un rischio considerevole nel giocare la carta del COVID-19. I sostenitori nei campi di raccolta e i prigionieri sono ad esempio usati continuamente come “scudi umani” dalla propaganda IS, senza che questi sembri in grado di liberarli: tenendo conto della possibilità di focolai già accessi in alcuni campi, l’impossibilità di liberare i propri affiliati potrebbe essere vista come incapacità o ritrosia nel mantenere gli impegni presi, contribuendo a sgretolare la reputazione di IS presso il tessuto tribale e sociale della regione. La possibilità di contagio dei propri operatori sia nel contesto siro-iracheno (magari per eventuali fuoriuscite dai sopracitati campi o per impossibilità delle autorità di contenerli) che negli altri scacchieri imporrà inoltre delle misure adeguate da parte del gruppo, spesso stanziato in regioni remote in contesti regionali sanitari già precari.

[1] Dal discorso del Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità alla Munich Security Conference, 15/02/2020, https://www.who.int/dg/speeches/detail/munich-security-conference

[2] Aymenn jawad Al-Tamimi, Islamic State Editorial on the Coronavirus Pandemic, 19/03/2020, http://www.aymennjawad.org/2020/03/islamic-state-editorial-on-the-coronavirus .

[3] UK personnel to drawdown from Iraq, disponibile presso https://www.gov.uk/government/news/uk-personnel-to-drawdown-from-iraq . Ultima visita: 20/03/2020.

[4] I quali potrebbero anche non concretizzarsi: mantenendo il focus sulla possibilità, IS cerca di mettersi al riparo dall’evenienza che i suoi appelli cadano nel vuoto.

[5] Il mutare delle condizioni prevede anche il mutare dei potenziali obiettivi come strutture alberghiere, caserme, scuole impiegate a diverso utilizzo e così discorrendo. Il rovescio della medaglia è che IS e altre frange estremiste o singoli possano cercare di colpire luoghi di rilevanza come aeroporti o stazioni proprio sulla percezione di maglie di controllo meno strette.