Happy Birthday Stato Islamico: i successi del primo anno del Califfato – by Marco Lombardi

Il Califfato proclamato da al Baghdadi compie un  anno e può contare i suoi successi. Alla sua nascita, pochi giorni dopo il 29 giugno 2014 sostenevo l’opportunità e necessità di un immediato attacco militare per spazzare via uomini e strutture di IS: allora sarebbe stato ancora possibile, avrebbe causato grande imbarazzo politico per alcuni, messo nell’occhio del ciclone chi l’avesse compiuto ma… la situazione non era ancora tanto incancrenita da non rendere possibile l’unica soluzione auspicabile.

Oggi questo tipo di azione è molto più difficile, anzi impossibile, e il Califfato dunque festeggerà altri compleanni. Tanti di più quanto saprà utilizzare, come ha fatto finora, le vulnerabilità dei suoi nemici: IS non è forte ma è capace di sfruttare le debolezze di chi combatte.

Il Black Friday Globale (venerdì 26 giugno 2015) suggella questo anniversario, a seguito di un mese di attività che hanno chiarito – se non bastasse – il progetto strategico e politico di IS.

Ogni azione si è mossa all’interno di un quadro sistemico ben organizzato. Adiamo a ritroso, da venerdì 26.

In Kuwait l’attentato suicida nella moschea di Al-Imam al-Sadeq, durante le preghiere ha rilanciato la questione sunniti/sciiti che divampa letteralmente e i Paesi del Golfo, ricchi di tutte le loro ambiguità, ne fanno le spese.

In Francia un  attacco a una infrastruttura critica che avrebbe potuto, per questo, essere dannosissimo e la prima decapitazione su suolo europeo. Quest’ultima, sul piano simbolico, è tanto sconvolgente quanto l’attacco alla satira di  Charlie Hebdo.

In Tunisia  si ammazza, oltre ai turisti occidentali, un Paese che cerca di trovare una strada diversa da quella che vogliono sia IS sia i suoi padrini finanziatori islamici, la prima strada democratica musulmana. E’ colpito il turismo: un asset strategico per la Tunisia che, nella profonda crisi economica in cui si troverà dopo il bis del Bardo, sprofonderà nelle accoglienti braccia del radicalismo.

Il Venerdì Nero è perfettamente coordinato: i tre attacchi sono differenti sono per località e descrizione fisica del bersaglio, ma sono i medesimi in termini di rilevanza di impatto nei confronti del Paese e della popolazione che si doveva colpire. L’effetto ottenuto in Kuwait, Francia e Tunisia è quello di un corale urlo sotto la bandiera nera: “ Stiamo arrivando…anzi siamo già qui!”. La regia strategica c’è ed è perfetta.

Ma il Venerdì Nero è stato preceduto da una serie di azioni significative.

La battaglia per la riconquista di Kobane ha visto un’azione di guerra simmetrica ben con dotta da IS e respinta –  per quanto tempo? – con grande fatica dai Kurdi. Tutto questo in un contesto militare in cui il dominio dei cieli è della coalizione anti IS, che tuttavia nulla ha fatto per impedire l’afflusso verso Kobane dei Jihadisti. Come nulla ha fatto nei mesi precedenti.

Il 29 di maggio IS pubblicava la nuova rivista “Kostantiniyye”, in turco, diretta ai turchi, per conquistarne Istanbul e “cuori e menti” dei turchi chiamati a una nuova santa alleanza contro i comuni nemici. Pochi giorni prima, con un video si chiamava alla sollevazione il jihad balcanico: un’area estremamente conflittuale e assai più pericolosa per possibili attacchi diretti verso il nostro Paese.

In pratica stiamo assistendo, in occasione del primo compleanno del Califfato, a una  strategia di penetrazione globale che si è dinamizzata nel breve arco di un mese. Questo Ramdan è assai caldo e IS dimostra di perseguire un disegno strategico di ampio respiro con una molteplicità e diversità di azioni sui diversi fronti. La regia c’è: non è la regia che rimanda alla catena di “comando e controllo” a cui eravamo abituati: il modus operandi non è più quello delle cellule formate per colpire un obiettivo specifico con un piano adeguato. Ormai si tratta di una regia che conta su un esercito in crescita, delocalizzato e diffuso, che dimostra un certo livello organizzativo e militare di base, dotato di uomini indottrinati a cui è sufficiente l’indirizzo generale a colpire, per declinarlo flessibilmente in termini operativi. Prima dell’avvio del Ramadan, IS aveva annunciato che sarebbe stato un  Ramadan di sangue, invitando i suoi a terrorizzare con la massima violenza i nemici: è stato puntualmente accontentato. La regia oggi funziona in questo modo. E funziona! Gli zombie, o il terrorismo molecolare come anche si dice, è fatto così ed è abilmente promosso e sfruttato dal Califfato.

Ma il successo di questo Sato Islamico, attore nuovo e innovativo sulla scena geopolitica, capace e opportunista, sognatore e realista, è massimizzato dalla coalizione di chi dice di combatterlo.

Sappiamo tutti che la coalizione è frammentata in una pluralità di interessi locali, nazionali e regionali che poco nulla hanno in comune con l’Occidente che sembrerebbe averla promossa: a cominciare dal doppio gioco del Qatar e dell’Arabia Saudita, dal sogno imperiale della Turchia e dagli accordi sottobanco a propria tutela della Giordania. La risposta finora data a IS è stata limitata da questi interessi, a cui si affiancano quelli americani e internazionali che, schermati dalla preoccupazione di colpire popolazioni locali, in realtà tutelano l’interesse al mantenimento operativo dei pozzi petroliferi dell’area, dei quali si deve tornare in possesso non appena ci si è liberati del Califfato.

Insomma, le ragioni particolari per le quali non intervenire con troppa durezza verso IS sono tante, molteplici e differenti: da cui la sopravvivenza garantita di quello che sarebbe identificato come il nostro nemico.

Compleanno

Ma la ragione reale di questo blocco politico e militare si ritrova, in modo ancora più radicale, in una visione del mondo superata che qualifica la coalizione anti IS e che non appartiene più a IS, il quale incorpora la novità. Paradossale… ma è così: il Califfato più retrivo  e antico che ci si sia, in termini di espressione di governo e di norme che lo regolano, si fonda su una capacità di lettura del mondo globale innovativa.

Il mondo di una volta non c’è più: il Califfato lo ha capito e propone una alternativa.

Al contrario, il vecchio mondo, attraverso i suoi poteri superati, propone una restaurazione impossibile.

Il nodo cruciale della visione è proprio nel Medio Oriente: ormai ridotto a una espressione esclusivamente geografica senza alcun senso politico rispetto all’immagine che ne avevamo. Il Medio Oriente che conoscevamo non c’è più e la crisi di IS può solo essere superata se si elabora una nuova visione geopolitica di quest’area strategica per il mondo intero. Senza una tale visione condivisa, è impensabile sanitizzare le aree occupate da IS che resterebbero prive di governance e, come tali, luogo di conflitto tra i paesi musulmani “al contorno”. La difficoltà è che non c’è nessun interesse ad arrivare a una visione condivisa che metterebbe necessariamente in discussione il peso economico e politico degli attuali stati e il ruolo specifico di alcuni, a cominciare dall’Iran. In fin dei conti, allo stato attuale il mondo musulmano della coalizione condivide gli interessi di Israele e tutti sono alleati a limitare l’espansione iraniana evitando di affondare il Califfato. Nessuna alleanza in questo contesto ha più il valore contenuto nella parola.

Da parte sua il resto del mondo, USA in testa, ha le mani legate da una opinione pubblica interna che, guidata dal governo antidemocratico e transnazionale dell’interesse economico delle multinazionali, non è in grado di affrontare alcuna cambiamento brusco (rivoluzionario) di uno status quo che non c’è più.

Auguri IS, cento di questi giorni.

Voglio dire che faremo di tutto perché questo augurio non si realizzi. Ma non credo che molti decidano di impegnarsi seriamente nell’impresa.